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L'entrata in guerra fu un colpo di stato?

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24 MAGGIO 1915

L'entrata in guerra fu un colpo di stato?

L'Italia, rimasta neutrale nell'estate 1914 quando in mezza Europa già sparavano “i cannoni d'agosto”, il 26 aprile 1915 firmava segretamente il Patto di Londra impegnandosi a entrare in guerra a fianco dell'Intesa. Ma nel nostro paese – ancora in larga parte contadino e indifferente alle vicende politiche - la maggioranza dell'opinione pubblica e del Parlamento si mostrava perplessa, se non ostile alla guerra.

Invece nel mese di maggio una serie di manifestazioni spesso violente degli interventisti spazzarono via l'opposizione neutralista, giungendo a minacciare il Parlamento e a determinarne il voltafaccia, che si tradusse nel consenso al governo Salandra e alla guerra. Il volume di Antonio Varsori (docente di Storia delle relazioni internazionali all'università di Padova) “Radioso maggio” racconta in maniera puntuale gli eventi che - dal 26 aprile al 24 maggio 1915 - segnarono dal punto di vista interno e internazionale il coinvolgimento dell'Italia nella Grande Guerra.

Sul finire degli anni Sessanta, anche in coincidenza con il cinquantenario della vittoria, da parte degli studiosi italiani si accentuò un atteggiamento revisionista sull'intervento in guerra, da alcuni ritenuto un “colpo di stato”, anticipatore della “marcia su Roma” del 1922. Qui Varsori menziona in particolare il volume di Brunello Vigezzi “Da Giolitti a Salandra” (Vallecchi editore), dove lo storico milanese descrive quanto accaduto nel maggio 1915 come una grave rottura politica e istituzionale e parla di giornate “sudamericane” piuttosto che “radiose”. Il disprezzo e l'odio verso Giovanni Giolitti, il politico liberale allora più influente, erano d'altronde i caratteri prevalenti di quasi tutti i settori dell'interventismo. Quando il governo Salandra-Sonnino, palesemente ormai privo di maggioranza parlamentare, parve giunto al capolinea, il poeta-vate Gabriele d'Annunzio si affacciò dal balcone del suo albergo in via Veneto a Roma insultando pesantemente Giolitti e facendo appello all'uso della violenza contro di lui e contro i suoi sostenitori.

Giolitti, conclude Varsori, «si mosse spesso con eccessiva lentezza ed eccessiva prudenza, fidando forse troppo nella sua forza parlamentare e condizionato da una sottovalutazione delle capacità manovriere e della spregiudicatezza di Salandra». Da parte loro, il presidente del Consiglio e il suo ministro degli Esteri Sonnino diffidavano delle masse e delle manifestazioni di piazza, anche se per qualche giorno si erano rivelate utili ai loro scopi politici. Salandra sarà comunque costretto a dimettersi già nel 1916, mentre Sonnino resterà in carica fino alla conferenza di pace, dove cercherà di difendere senza troppo successo il “suo” Patto di Londra.

Antonio Varsori
«Radioso maggio – Come l'Italia entrò in guerra»
Il Mulino, Bologna, pagg.215, € 15,00

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