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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2011 alle ore 08:10.

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ROMA. Di sicuro, sul fronte previdenziale, c'è solo che ieri è arrivata la conferma (molto attesa) che il ministero del Lavoro è pronto a diramare la circolare con le istruzioni per consentire ai lavoratori impegnati in attività usuranti di presentare domanda, entro il 30 settembre, per il ritiro anticipato. Ma è sull'incontro di oggi pomeriggio con le parti sociali che sono concentrate le attese vere.

Perché il Governo potrebbe presentare un pacchetto di interventi complementare a quelli già annunciati di anticipo della delega fiscale-assistenziale. Interventi che potrebbe riaprire il cantiere pensioni. Ieri il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha detto al Tg1 che al momento non c'è nulla di concreto. E che con le parti sociali si farà solo una verifica sulla sostenibilità dei conti previdenziali di breve termine «perché certamente nel medio-lungo periodo sono a posto». Mentre Umberto Bossi ha anticipato l'altolà della Lega sulla prima pagina della Padania: «Le pensioni non si toccano». Ma nelle riunioni tecniche che si sono svolte alla vigilia dell'appuntamento a palazzo Chigi qualche ipotesi è stata già elaborata.

Potrebbe essere messa sul piatto una doppia operazione. La prima prevede un intervento sulle pensioni di anzianità, con un anticipo al gennaio prossimo di quota 97 (62 anni + 35 di versamenti o 61 +36 per i dipendenti) cui seguirebbe una scalettatura stretta fino al 2015 per arrivare in quell'anno a quota 100 bloccando di fatto l'accesso anticipato alla pensione. Il secondo intervento riguarderebbe invece l'aumento dell'età per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato, con l'ipotesi di anticipare la gradualità ora prevista tra il 2020 e il 2032 già dal prossimo anno. A contorno di questi due interventi, che potrebbero essere portati avanti solo con il consenso degli attori sociali, si aggiungerebbero misure minori come l'anticipo al 2012 del meccanismo di aggancio del momento del pensionamento all'aspettativa di vita e, forse, un irrigidimento dei requisiti per la pensione di reversibilità, per avvicinare questo trattamento assai generoso nel nostro sistema (5 milioni di assegni per una spesa di 38 miliardi l'anno) ai livelli delle pensioni ai superstiti pagate in Europa.

Ma quanti risparmi potrebbe consentire una stretta sugli assegni di anzianità? In attesa di conoscere gli intendimenti del Governo proponiamo una nostra simulazione costruita attorno all'ipotesi di un aumento del requisito di età di un anno per prossimi quattro anni.
La nuova «scalettatura» è immaginata sia per i lavoratori dipendenti sia per gli autonomi con almeno 36 anni di contributi versati. Come si vede nella grafica, si arriverebbe nel 2015 a «quota 100» o «quota 101» per gli autonomi, con il risultato di bloccare di fatto l'accesso all'anzianità di tutti i lavoratori che maturano il requisito da adesso in avanti. Per loro scatterebbe un rinvio della pensione fino al compimento del 65esimo anno con il risultato, in termini di risparmio di spesa, di circa 2 miliardi l'anno a partire dal 2016. Il calcolo, effettuato sulla base dei trend di pensionamento dell'Inps degli ultimi anni, immagina un blocco di 30, 40 e 60mila lavoratori l'anno (restano fuori dal calcolo i dipendenti pubblici) con risparmi progressivi per 400 milioni nel 2013, un miliardo nel 2014 e 1,2 miliardi nel 2015.

Ben più importanti i risparmi che si potrebbero ottenere da un anticipo dell'aumento a 65 anni della vecchiaia per le dipendenti private: se fatta in un solo anno era stata calcolata una minore spesa per 13 miliardi. Ma qui la scelta, se mai ci sarà, potrà essere adottata con gradualità molto diverse. Il confronto, nonostante le precise richiesta arrivate dalla Bce per il rispetto del close to balance nel 2013, parte in salita. Cisl e Cgil hanno già anticipato la loro posizione: sulle pensioni si sono già fatte tutte le operazioni possibili. Altre sarebbero inaccettabili.

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