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Lo spread torna al maggio 2010: scende sotto quota 100

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renzi via tweet: È la volta buona

Lo spread torna al maggio 2010: scende sotto quota 100

Chiusura debole per le Borse europee e per Wall Street, che chiude in calo ma archivia il suo miglior mese dal 2011, con il Dow Jones che termina in flessione dello 0,45%, il Nasdaq segna un ribasso dello 0,49%. Il movimento più rilevante, però, ha riguardato i titoli di Stato. Lo spread BTp-Bund sulla scadenza decennale è sceso, durante le contrattazioni e secondo il terminale Bloomberg, sotto la soglia dei 100 punti base per la prima volta dal maggio 2010. Una dinamica che il presidente del consiglio Matteo Renzi ha commentato con un Tweet «Spread sotto quota 100, mille ex precari assunti a Melfi col JobsAct, via segreto bancario non solo in Svizzera, dai che e' #lavoltabuona».

L’impatto della politica monetaria
A ben vedere si è trattato dell’effetto-Qe della Bce. Il piano di acquisto di bond governativi da parte della Banca centrale europea, infatti, schiaccia sempre di più i rendimenti degli stessi. In particolare, di quelli dei Paesi periferici di Eurolandia.

Così, ad esempio, il BTp decennale ha chiuso la seduta con un tasso intorno all’1,36%. Quello della medesima scadenza spagnola si è invece assestato a circa l’1,26%. Si tratta di valori, fino a non molto tempo fa, assolutamente impensabili. I quali, inutile negarlo, hanno poco a che fare con il rischio-Paese e la solidità socio-economica dei due Stati emittenti. La riprova? Arriva dal T-Bond statunitense. Il titolo decennale di Washington, infatti, voaggia su un rendimento intorno al 2%. Certo, come indica Mps Capital service, si tratta di un andamento dovuto «ai dati sull’inflazione che, pur scendendo sotto le attese, evidenzia una crescita sostenuta dei salari in termini reali». Il che rafforza l’idea dell’eliminazione dal proprio comunicato dell’aggettivo « “paziente” in riferimento all'atteggiamento della Fed sul timing di un rialzo dei tassi». E, tuttavia, non può nascondersi che avere il tasso sul BTp molto sotto a quello del T-Bond è una forte contraddizione. La quale può comprendersi esclusivamente con l’effetto, per l’appunto, dell’allentamento quantitativo che parte a marzo.

Il panico da acquisto
Ma non è solamente il confronto con gli Stati Uniti che mostra l’anomalia della situazione. Alberto Gallo, di Rbs, ha titolato oggi il consueto Silver Bullet in maniera assolutamente significativa: «Panic buying». Vale a dire, panico da acquisti. Quale il pensiero che ha indotto questo titolo? Semplice. L’Eurozona, a differenza degli Usa quando il Qe fu lanciato dalla Fed, non si trova in un forte deficit (il 3% contro il 10-12% di Washington). Questo implica che l’offerta di titoli di Stato è limitata. Così, la Bce si prepara a comperare bond in un mercato piuttosto statico e dove ci sarà carenza di emissioni. Quindi, le quotazioni sono destinate a salire. Di qui, l’ennesima motivazione agli acquisti di questi ultimi tempi. I quali, va ripetuto, sono conseguenza del Qe della Bce.

Peraltro è stata proprio Maria Cannata, capo della direzione del Debito pubblico del MeF , a confermarlo. «Adesso che sono stati annunciati i dettagli del Qe -ha detto ieri in un’audizione alla Camera - assistiamo ogni giorno a un ribasso dei tassi» oltre che che ad un «grande appetito per i titoli della periferia».

La situazione in Grecia
Quell’appetito che invece, nella giornata in cui il Parlamento tedesco ha approvato l’intesa per la proroga degli aiuti ad Atene, non sembra coinvolgere il debito pubblico della Grecia. Ci sarà stato anche l’accordo tra il governo del premier Tsipras e l’ex Troika . Il mercato però pare ancora dubbioso ed esprime insicurezza. La curva dei rendimenti ellenica infatti è, in avvio di seduta, molto invertita. La scadenza a 1 mese rende il 10,6%. Quella a 3 mesi scende al 4,7%; a sei mesi, poi, il tasso cala ancora al 3,6%. Il governativo a 2 anni, dal canto suo, rende il 13,7% mentre il 5 anni vanta lo yield del 12%. Il decennale, infine, è sotto il 10%. Insomma, è chiaro che questi numeri segnalano il persistere dell’incendio in quel di Atene. Una dinamica che, per adesso, non sembra disturbare gli investitori nel loro complesso. Tutti fanno affidamento nella droga monetaria di Mario Draghi.

Il quale, con il quantitative easing, ha costruito un «muro» che di fatto ha scorrelato (almeno attualmente) le sorti del debito greco da quelli degli altri Paesi della periferia di Eurolandia. Secondo un recente report di S&P, la correlazione tra il rendimento del titolo di Stato decennale ellenico e quello italiano, nei sei mesi prima del 17 febbraio, era negativa dello 0,71. Cioè, quando un bond sale l’altro scende. Non era così un po’ di tempo fa. Nei 6 mesi prima del default greco del 2012 la correlazione era infatti positiva per lo 0,61. Vale a dire, i due governativi andavano piuttosto a braccetto.

L’andamento dell’inflazione...
Detto ciò, la marea di liquidità in arrivo, dal punto di vista tecnico, è giustificata anche dall’obiettivo di fare tornare l’inflazione dell’Europa verso il valore del 2% previsto dallo statuto della Bce. Ebbene, su questo fronte in Italia i prezzi al consumo sono saliti in febbraio dello 0,3% congiunturale (-0,4% a gennaio) mentre, a livello tendenziale, sono scesi dello 0,2% (-0,6% a gennaio). Insomma, c’è una attenuazione della flessione su base annua. Una dinamica che è replicata anche in Spagna. Nel complesso, però, si tratta di movimenti che non inducono ripensamenti sul fronte della politica monetaria della Banca centrale europea.

...e quello dell’euro
La quale, con le sue mosse, ha riportato a livelli «sensati» il cambio euro-dollaro. Un cross che oggi ha visto la moneta unica viaggiare in serata intorno a 1,12

Infine il petrolio: il contratto future sul Wti è oggi è stato scambiato intorno a 49 dollari al barile. Un valore che, nel 2015, è inferiore a quello massimo toccato il 17 febbraio scorso a quota 54,29 dollari.

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