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La Cina svaluta ancora. Poi interviene per frenare la caduta dello yuan

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«GUERRA DELLE VALUTE»

La Cina svaluta ancora. Poi interviene per frenare la caduta dello yuan

TOKYO - Lo yuan cinese è sceso oggi ai minimi da 4 anni sul dollaro trascinando al ribasso altre valute asiatiche in un declino che - su un arco di due giorni - non si registrava dai tempi della crisi finanziaria del 1998, con effetti negativi a largo raggio sui mercati finanziari, dalle Borse alle materie prime.

Dopo la mossa a sorpresa di ieri (una svalutazione dell'1,9%) oggi la banca centrale cinese (PBoC) ha fissato il cambio di riferimento a un livello più basso di un altro 1,6% a quota 6,3306. Sul mercato spot la divisa cinese è calata oltre la soglia di 6,4, il livello minimo dall'agosto 2011 e nel trading offshore è arrivata a sfiorare 6,6. A quel punto, secondo fonti di mercato, la Banca centrale è intervenuta per frenare la caduta del renminbi.

Se il nickel guida ulteriori ribassi delle commodity (con il petrolio ai minimi da sei anni, molto volatile dopo il precedente flop), il Bloomberg JPMorgan Asia Dollari Index in due giorni risulta in calo del 2,4%. Il dollaro australiano è sceso ai minimi da sei anni sul biglietto verde.

Borse sotto pressione
Dopo la performance negativa di ieri dei mercati occidentali, l'indice azionario regionale MSCI Asia-Pacific oggi risulta in ribasso intorno all'1,6 per cento, in correzione di oltre il 20% rispetto ai picchi del settembre scorso, con ribassi generalizzati. Anche la Borsa di Tokyo soffre, con un ripiegamento in giornata tra l'1% e il 2% nonostante l'apprezzamento del dollaro anche nei confronti dello yen oltre la soglia di un cambio a 125. L'indice Nikkei ha chiuso in ribasso dell'1,58% a 20.392,77 punti.

Sotto pressione anche le piazze azionarie cinesi e di Hong Kong, mentre la Borsa di Singapore sta accusando la peggiore perdita giornaliera dallo scorso dicembre (intorno al 2,5%) trainata dal tonfo dei titoli bancari. Gli investitori di Borsa e dei mercati delle materie prime sembrano temere soprattutto il rallentamento della crescita economica cinese, di cui le nuove mosse della Pboc vengono interpretate come un chiaro segnale.

Tentativo di rassicurazione
La People's Bank of China, in una nota, ha cercato di calmare i mercati sottolineando che non esistono «basi» economiche o finanziarie perché il cambio si indirizzi con continuità al ribasso. Riconosce però che potrà verificarsi un «breve periodo di adattamento» al nuovo meccanismo per la fissazione della parità centrale giornaliera. Naturalmente Pechino non ha mai indicato il presunto motivo principale per la svalutazione, ossia il sostegno a una economia che sta rallentando più del previsto (con un calo dell'export dell'8,3% a luglio) e mette in forse l'obiettivo di una crescita annuale intorno al 7 per cento. Il deprezzamento dello yuan, secondo vari analisti, rischia tra l'altro di esportare deflazione del mondo.

Dal Vietnam primo segnale di guerre valutarie
Un primo segnale di nuove “guerre valutarie” è arrivato dal Vietnam, che ha deciso oggi di raddoppiare al 2% la fascia consentita di oscillazione giornaliera del cambio del dong. Intanto la rupia indonesiana e il ringgit malese sono scesi ai minimi da 17 anni nei confronti del dollaro. Un rimpasto governativo in Indonesia cambia oggi i ministri responsabili per l'economia e il commercio. La rupia indiana è vicina ai minimi da due anni, il dollaro australiano ai minimi da sei anni nei confronti del biglietto verde. Secondo gli analisti del Credit Suisse, l'indebolimento dello yuan potrebbe indurre la Banca del Giappone a introdurre ulteriori stimoli monetari. Per Bnp Paribas non si può escludere una svalutazione tra il 5 e il 10% dello yuan prima che la banca centrale intervenga per mettere il freno.

Fuga verso i bond di qualità
La preoccupazione per una corsa a svalutazioni competitive crea presso gli investitori spinte di “fuga” verso asset di qualità, a partire dai titoli del Tesoro Usa e diventa un fattore destabilizzante per i mercati finanziari riducendo la propensione per gli asset di rischio, come titoli azionari e commodity. Anche i bond giapponesi hanno guadagnato, i rendimenti del decennale nipponico in calo allo 0,37%, minimi da tre mesi e mezzo.

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