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Banche, perché il mercato è scettico sulle potenzialità del…

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il credito e la borsa

Banche, perché il mercato è scettico sulle potenzialità del fondo Atlante

I problemi dei nostri istituti di credito sono noti: la scarsa patrimonializzazione di alcune banche e la cattiva qualità degli attivi con uno stock di crediti deteriorati che pesa per ben 360 miliardi di euro sui bilanci (il dato lordo) o 83,6 se si tiene conto delle svalutazioni già effettuate. Rafforzare a livello patrimoniale le banche tramite, se necessario, aumenti di capitale e cessione sul mercato dei prestiti inesigibili: questo è l’imperativo imposto dalla Bce nel suo ruolo di autorità di vigilanza del settore bancario. Ma l’impresa non è semplice. Le vendite di questi giorni (-10% in tre sedute per l’indice bancario) sono il segnale dello scetticismo degli investitori sul fatto che le misure finora messe in campo da governo e industria bancaria siano risolutive in tal senso.

Il pessimo epilogo dell'aumento di capitale della Popolare di Vicenza, alla cui quotazione Borsa Italiana ha detto di no per via della scarsa adesione del mercato, evidenzia chiaramente come la strada per il fondo Atlante, il veicolo studiato per far fronte ai problemi del settore, sia tutta in salita. Se il copione dovesse ripetersi anche nel caso dell'aumento di capitale di Veneto Banca il rischio reale è che le risorse per gestire l'altro fronte di intervento, quello sui crediti inesigibili, si riduca al minimo sindacale: il 30% su una dotazione complessiva di 4,25 miliardi.

«Con un'entità attuale relativamente ridotta il fondo potrà intervenire su un numero ridotto di banche» ha riconosciuto lo stesso Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di vigilanza della Bce, nel corso dell'audizione in Senato confermando l'impressione che sui mercati in molti si sono già fatti.

Gli investitori in questi giorni si stanno oltretutto interrogando sull'altro importante capitolo di questa vicenda: quello degli interventi legislativi per facilitare e velocizzare la riscossione dei crediti da parte delle banche. Ambito chiave perché mettere in conto 10 o 5 anni per escutere un credito fa una grossa differenza sui prezzi a cui quello stesso credito può essere ceduto a terzi. E il problema dei prezzi è determinante visto che vendere a sconto rischia di comportare nuove perdite.

In questo senso c'era molta curiosità per le novità recentemente introdotte dal governo con il decreto banche. Purtroppo però il contenuto delle norme non è stato accolto positivamente dalla Borsa. Questo perché le novità, per quanto positive, del «pegno non possessorio» sui beni strumentali o il «patto marciano» sugli immobili in garanzia hanno un'incidenza nulla sulla valutazione dell'attuale stock dei crediti inesigibili. Per la semplice ragione che si applicano sui crediti futuri.

IL MARGINE DI INTERESSE AGGREGATO SUI CREDITI
Dato aggregato riferito alle 20 maggiori banche europee. In miliardi di euro. (Fonte: SeP Capital IQ)

Non bisogna infine dimenticare un altro fattore: il contesto di mercato, per gli istituti di credito, è estremamente complesso in questa fase. Per tutte le banche, non solo quelle italiane che devono fare i conti con un assottigliamento del margine di interesse sui crediti (cioè la differenza tra l’interesse a cui si finanziano e quello a cui erogano prestiti a famiglie imprese).

LE BANCHE IN BORSA
Performance da inizio anno degli indici settoriali Ftse Italia Banks e Stoxx Europe Banks. (Fonte: SeP Capital IQ)

Da un’elaborazione che Il Sole 24 Ore ha fatto su banca dati S&P Capital IQ è emerso che, se nel 2007 le 20 maggiori banche europee potevano contare su un margine di interesse su crediti aggregato di 709 miliardi di euro, nel 2015 questa importantissima fonte di ricavi si è ristretta a 433 miliardi. La ragione per cui questo è accaduto è nota: i tassi zero della Bce. E visto che un cambio di rotta su questo fronte da parte di Francoforte è assai improbabile vista la debolezza della dinamica inflazionistica, i bilanci delle banche continueranno ad essere sotto pressione. Tutte queste considerazioni spiegano perché il 2016 in Borsa delle banche (non solo italiane) è stato finora pessimo.

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