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La famiglia Merloni e l’eredità da 1 miliardo

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Casseforti & Eredità

La famiglia Merloni e l’eredità da 1 miliardo

LaPresse
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C’è uno spartiacque nella storia di Indesit. A metà anni Duemila, il compianto Vittorio Merloni era sul punto di stringere un’alleanza con gli americani di Whirlpool. Pare che tutto fosse pronto, mancava solo la firma, racconta chi allora era presente, ma - all’ultimo momento - l’uomo che ha fatto grande la ex Ariston, cambiò idea. Con la recente scomparsa del fondatore, uno degli imprenditori simbolo dell’industria dell’Italia del Boom, si chiude idealmente un cerchio e si compie anche, definitivamente, la parabola storica della Indesit, la più grande azienda italiana di elettrodomestici.

La vendita agli americani

Nell’estate di due anni fa esatti, dieci anni dopo il «gran rifiuto», Indesit (il nuovo nome della vecchia Ariston nata a Fabriano nel 1930 per mano del patriarca Aristide, operaio emigrato a Torino e poi tornato nelle Marche con l’idea di dare lavoro ai suoi concittadini) è finita in mano a quegli stessi americani con cui avrebbe dovuto celebrare il matrimonio. Ma la Storia non si fa coi se. Oggi l’impero dei Merloni è un forziere che contiene un mega tesoretto di circa 1 miliardo di liquidità: 760 milioni dalla vendita di Indesit, 69 milioni da una quota di Ariston Thermo, più altre dismissioni e più il portafoglio partecipazioni. Conferma indiretta della teoria schumpeteriana della Terza Generazione: la prima fonda l’azienda, la seconda crea ricchezza, la terza sancisce l’uscita di scena. E anche per la famiglia di Fabriano, dopo un passato da imprenditori, si profila un futuro da rentier.

L’eredità di Vittorio Merloni e i 4 figli

In casa Merloni, però, l’eredità e la successione sono scritti. Non ci saranno traumi, perché il passaggio generazionale aveva già vissuto la sua crisi. Tre anni fa, la famiglia fu scossa da forti tension interne: i quattro fratelli (i due gemelli Andrea e Aristide, omonimo del nonno fondatore, più le sorelle Annapaola e Antonella) spaccati a metà tra chi vuole vendere e chi vuole continuare a fare gli imprenditori; e spaccata sulla gestione di Andrea, scelto dal padre Vittorio come erede designato alla guida, ma finito sotto accusa da una parte dei fratelli. A Fabriano si rischiava l’empasse totale, per un collo di bottiglia nella governance. Il patrimonio della famiglia, a partire dalla Indesit, era ed è custodito nella cassaforte Fineldo, le cui quote sono divise pariteticamente tra i quattro figli più la madre Franca. I 5 soci però hanno solo la nuda proprietà. Al patron Vittorio era da sempre rimasto l’usufrutto e quindi i diritti di voto: con la sua malattia, però, la famiglia era piombata in uno stallo. Nessuna operazione straordinaria, che richiede un voto straordinario, era possibile. Per uscirne, la famiglia si è vista costretta a nominare un tutore per lo scomparso Vittorio. La scelta, tra non poche frizioni, è caduta sul figlio Aristide, fratello gemello di Andrea. Lui, da sempre il più defilato dei fratelli, ha tenuto per circa due anni le redini del patrimono di famiglia, sotto la supervisione del Tribunale di Ancona. Con il contemporaneo passo indietro di Andrea, il destino di Indesit era di fatto già segnato.

Fineldo: una holdin vuota ma piena di liquidità

Stretta, da una parte, dallo spauracchio della Antonio Merloni, l’azienda del fratello di Vittorio, finita in dissesto con un effetto boomerang su tutta la città (le scosse telluriche arrivarono a lambire anche la CariFabriano, storica banca locale salvata poi da Veneto Banca, a sua volta salvata da Atlante); e dall’altra, invece, dall’ascesa della Ariston Thermo, l’«altra» Ariston del fratello maggiore Francesco (ex ministro dei Lavori Pubblici negli anni terribili di Tangentopoli sotto i Governi Amato e Ciampi), che invece è una piccola multinazionale tascabile, per la famiglia la vendita è stata una scelta quasi obbligata e la migliore che si potesse prendere: «Il più grande dei piccoli», per parafrasare lo stesso Vittorio, Indesit rischiava di essere il vaso di coccio in un mercato del “bianco” ormai globalizzato, dominato dai colossi mondiali, e dai margini sempre più risicati. Il periodo di “commissariamento” di Aristide ha coinciso con la vendita di tutte le partecipazioni industriali: da Indesit alla Ariston Thermo dello zio Francesco (una quota ereditata dalla defunta zia Ester, altra sorella di Vittorio) fino alla recente cessione della Panini di Modena, la storica casa delle figurine dei calciatori. Oggi Fineldo è una holding pura, una scatola industriale (semi)vuota , ma una cassaforte piena di liquidità e con partecipazioni finanziarie in Mediobanca, Unicredit, GasPlus, quote in fondi di private equity (da Mid Industry a Trilantic, il fondo dell’ex Lehman Brothers Vittorio Pignatti). Il grosso del gruzzolo intascato da Whirlpool, circa 400 milioni, è stato per il momento parcheggiato in gestioni patrimoniali che già a fine 2014 avevano fruttato 9 milioni di euro di rendita. Che succede ora? Con la scomparsa del patriarca, i 4 figli e la moglie diverranno proprietari a tutti gli effetti della Fineldo (che alcuni anni fa ha separato il patrimonio di mattoni e case conferendolo dentro una holding apposita, la Fineldo Immobiliare). A quel punto gli eredi potrebbero anche dividere le loro strade. Già un anno fa erano circolate indiscrezioni, smentite dagli interessati, secondo cui potrebbe andare in pensione la storica cassaforte di famiglia che per 30 anni ha custodito la maggioranza della Indesit. Al suo posto, l’ipotesi di creare cinque holding, una per ogni figlio di Vittorio. Nessuna decisione è stata presa, nè lo sarà a breve, con la famiglia ancora colpita dal lutto. Ma questa, a dar retta alle voci, sembra la strada più logica per i fratelli, che non sembrano avere una visione unitaria sul futuro imprenditoriale della famiglia.

Poco prima dell’addio del patron, però, una nuvola si è addensata sopra Fabriano. I nuovi padroni di Whirlpool rivorrebbero indietro una parte della maxi-somma versata alla famiglia.

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