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È la settimana delle banche centrali: che cosa aspettarsi da Fed e…

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IL FOCUS

È la settimana delle banche centrali: che cosa aspettarsi da Fed e Giappone

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New normal o normal? In questa settimana – da molti analisti ribattezzata come quella delle banche centrali – scopriremo se la politica monetaria virerà verso un mondo che fino a pochi anni fa era considerato normale (costo del denaro e inflazione intorno al 2%) oppure confermerà l'attuale trend (per molti un vicolo cieco) del new normal. Un'era fatta di bassa inflazione (quando non deflazione) e costo del denaro a 0 (quando non negativo).

Martedì e mercoledì si riunirà il consiglio della Federal Reserve statunitense (il Federal open market committee, Fomc) per dettare le linee della politica monetaria. La Fed alzerà i tassi? È questo che si chiedono gli operatori in un anno in cui la banca centrale statunitense ha decisamente cambiato rotta rispetto alle aspettative. A gennaio tutti ipotizzavano quattro mini-rialzi da 0,25% (quindi 1% annuo) in modo da portare il costo del denaro dall'attuale range tra 0,25% e 0,5% a 1,25%-1,5%. Invece così non è stato: da inizio anno la Fed ha sempre rinviato la stretta monetaria e il costo del denaro è fermo appunto al range tra 0,25% e 0,5 per cento.

In ogni caso per quanto stia crescendo all'interno della Fed il partito dei “normal” rispetto a quello del “new normal” l'ipotesi di un rialzo dei tassi a settembre è ridotta al lumicino. Secondo l'osservatorio Cme group le probabilità di una stretta mercoledì sono molto basse (12%). Salgono al 55% per dicembre, quando ci sarà un altro incontro del Fomc. Va però detto che il mercato dei tassi interbancari – strettamente correlato alle fluttuazioni del costo del denaro deciso dalla banca centrale – non esclude del tutto un rialzo a settembre. In estate il Libor in dollari trimestrale è balzato allo 0,85%, un livello che sconta almeno altri due rialzi, uno a settembre e uno a dicembre. Staremo a vedere.

La Fed non è l'unica sorvegliata speciale di questa settimana. C'è molta attesa anche per le decisioni della Bank of Japan, che si pronuncerà pure mercoledì. A Tokyo il costo del denaro è sottozero (-0,1%) e c'è chi non esclude che in questa settimana la BoJ possa tagliarlo ulteriormente come mossa disperata per provare a risollevare un'inflazione che non riesce proprio a ripartire (a luglio i prezzi sono arretrati dello 0,5% su base annua). Fed e BoJ arrivano dopo che la scorsa settimana la Banca d’Inghilterra (BoE) e quella ancora prima la Bce hanno deciso di mantenere lo status quo. Il che significa che la BoE ha mantenuto i tassi al minimo storico (0,25%) deciso ad agosto come risposta alla Brexit. La BoE però ha lasciato la porta aperta a nuovi stimoli annunciando che «il taglio dei tassi entro fine anno resta una possibilità».

Mentre per quanto riguarda la Bce il costo del denaro è stato mantenuto a 0 (con un tasso sui depositi però negativo, a -0,4%) con un piano di quantitative easing da 80 miliardi di euro al mese (da marzo 2015 ne sono stati pompati quindi oltre 1.000) che al momento dovrebbe durare fino a marzo 2017. La sensazione è che per scongiurare il “new normal” dovrà essere la Federal Reserve a muoversi per prima e con convinzione. La stessa Fed è anche la prima responsabile del vicolo cieco in cui si sono cacciate le banche centrali dei Paesi sviluppati. Nel 2009 fu la prima a lanciare un piano di quantitative easing, piano che ha prolungato per tre volte e che è durato fino a ottobre 2014. Sei anni di stimoli ininterrotti hanno svalutato il dollaro su scala globale costringendo l'Eurozona (peraltro molto rigida nell'applicazione anche in recessione del dogma dell'austerità) a rilanciarsi al cospetto di un euro molto forte (in area 1,4-1,5 dollari). Spingendo i Paesi emergenti a indebitarsi a tassi bassissimi in dollari. Il risultato? Mentre gli Stati Uniti – che accompagnavano la politica ultraespansiva della Fed a una altrettanto ultraespansiva politica fiscale (con deficit annui vicini al 10% del Pil) – sono ripartiti creando crescita ed occupazione, l'Eurozona è rimasta al palo. Così come il Giappone, dove il “normal” è da tempo diventato “new normal”.

Chiudono la settimana delle banche centrali gli interventi di giovedì delle banche di Nuova Zelanda (tasso al 2%), Norvegia (tasso allo 0,5%), Turchia (tasso al 7,5%) e SudAfrica (tasso al 7%). Non sono esclusi colpi di scena anche da loro.

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