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I soci Mps approvano il maxi aumento

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I soci Mps approvano il maxi aumento

Marco Morelli (Ansa)
Marco Morelli (Ansa)

Il boccone, non il primo, è amaro. Ma i soci del Monte, compresi i piccoli, ieri hanno approvato il nuovo maxi-aumento da cinque miliardi, necessario a coprire lo scorporo di 27 miliardi di sofferenze e poi a riportare il patrimonio di vigilanza al di sopra della soglia di sicurezza stabilita dalla Bce. Eletto anche Alessandro Falciai alla presidenza, mentre Massimo Egidi entra in consiglio al posto di Massimo Tononi.

Il quorum sofferto
Nell’assemblea fiume, avviata alle 9,30 e conclusa poco prima delle 20, più del risultato - alla fine tutte le sette delibere sono passate con oltre il 90% del capitale a favore - l’incertezza era sul quorum: trattandosi di seduta straordinaria serviva il 20%, alla fine quando si è votato in sala c’era poco meno del 23. In pratica, il pericolo di un passaggio a vuoto (e di una potenziale risoluzione pressoché immediata) si è corso davvero: alla fine si è evitato grazie alla presenza del Tesoro - che, fatto non irrilevante, ha anche votato - con il suo 4%, un nocciolo duro ormai ridotto al 7-8% e una quota di istituzionali esteri pari al 6%, investitori long term che nonostante tutto hanno deciso di rimanere nel capitale e ora c’è da attendersi che valutino anche la partecipazione dell’aumento. Altrettanto importante, e in parte sorprendente, l’apporto dei piccoli soci, destinati alla marginalizzazione con l’aumento: la sollecitazione delle deleghe di Morrow Sodali, insieme al tam tam della rete, ha portato a 13mila incarichi conferiti da altrettanti soci, con un contributo al quorum di oltre 7 punti percentuali.

Il prezzo d’ingresso
Incassato l’appoggio dei soci, il Monte ora se la può giocare sul mercato. Cercando nuovi soci in una manovra estremamente diluitiva per quelli attuali: la dimostrazione si avrà nella forchetta di prezzo per l’aumento, verosimilmente pochi centesimi per azione, decisa dal cda in serata dopo l’assemblea e che dovrebbe essere messa nero su bianco nel prospetto per la conversione dei bond atteso per oggi. Sì, perché come ha ribadito ieri il ceo Marco Morelli, da lunedì e fino a venerdì sera si aprirà la finestra per la conversione dei bond, da cui la banca formalmente si attende di raccogliere 1,04 miliardi ma sostanzialmente spera di fare di più. Anche perché «il prezzo è interessante», come ha detto Morelli a fine assemblea. Un pivot potrebbe essere Generali, pronta a valutare la conversione dei 400 milioni di bond che ha in pancia, con la quale «finora non abbiamo avuto contatti», ma non solo: «L’appeal della banca sarà notevole per tutti gli istituzionali, italiani ma anche esteri», ha detto Falciai incontrando i giornalisti.

E qui si arriva all’aumento. Che resta la parte più delicata dell’operazione, per ammontare e tempistica: la sottoscrizione, infatti, partirà il 7-8 dicembre, subito dopo il referendum del 4 dicembre. «Per quel che ci riguarda la nostra ricapitalizzazione è completamente sganciata dal voto», ha detto ieri Morelli, ma il 5 dicembre è già in agenda la prima call tra le banche del consorzio di garanzia, pronte a togliere il paracadute se sul mercato dovesse esserci il caos. Pure la Fondazione, ormai ridotta allo 0,7%, punta ad attendere l’esito del referendum prima di decidere sulla sottoscrizione, quindi non c’è da stupirsi se anche il Qatar, dove il fondo sovrano resta candidato naturale per il ruolo di nuovo azionista di riferimento, farà altrettanto.

Il piano B
In caso di naufragio, «andremo a Francoforte e valuteremo come muoverci con la Vigilanza», ha detto Morelli. Difficile evitare la risoluzione della banca e, anche se «il bail-in è uno scenario che non abbiamo preso in considerazione», nella risposta scritta fornita a un socio sono contenuti gli effetti numerici: le passività assoggettabili a un eventuale bail-in prima dell’intervento del Fondo di risoluzione (con un ammontare stimato di 8 miliardi) sarebbero pari a 13 miliardi su un complesso di passività potenzialmente interessate pari a 64,8 miliardi; considerato che il patrimonio netto della banca sfiora i 9 miliardi, ai titolari delle obbligazioni toccherebbe contribuire con circa 4 miliardi.

Si vedrà. Anche perché ieri, nonostante i comprensibili sfoghi dei tanti piccoli soci, sulle possibilità di successo dell’operazione si coglieva un mood vagamente più positivo delle settimane scorse. Sensazioni, forse, che però sembra percepire anche il mercato, dove i subordinati sono tornati a salire e in Borsa la banca ha recuperato il 3,3% in controtendenza con il settore.

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