Finanza & Mercati

Banche Ue, inizia la flessione degli Npl

  • Abbonati
  • Accedi
La fotografia dell’eba

Banche Ue, inizia la flessione degli Npl

(Olycom)
(Olycom)

Eppur si muove, appena appena, ma si muove. La montagna di non performing loans (Npl), i cosiddetti prestiti non performanti, che continua a zavorrare le banche dell’Unione europea e dello spazio economico europeo nell’ultimo anno s’è ridotta calando dal 6,5% di fine 2014 al 5,4% del giugno 2016, in leggera contrazione rispetto allo scorso anno quando l’European banking authority aveva piantato la bandierina a quota 5,6% sul totale dei prestiti concessi. Il grafico indica un marginale miglioramento anche per le banche italiane che restano al di sopra del 16%, ma con qualche decimale in meno (0,4% nei primi sei mesi del 2016). Un sussulto, in realtà, ma nella giusta direzione. Il 30% degli Npl italiani sono correlati all’attività delle Pmi, il 20% all’industria più grande, con la manifattura maggiormente esposta, in linea con la silhouette dell’economia italiana.

Il dato esce dal Risk assesment del sistema bancario europeo che l’Eba mette a punto una volta all’anno, fotografando lo stato degli istituti di credito del Vecchio continente forti, ora, di una patrimonializzazione che tocca il 13,6% di Cet1. Un esercizio che questa volta ha coperto 157 banche fra cui quindici italiane (Carige, Mps, Popolare dell’Emilia, Bpm, Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Popolare di Vicenza, Popolare società cooperativa, Credem, Iccrea, Intesa, Mediobanca, UniCredit, Ubi, Veneto Banca) e che è stato diffuso in parallelo al Transparency exercise – vedi altro articolo – sempre dell’Eba eseguito tuttavia su 131 istituti Ue.

Il verdetto dell’Authority presieduta da Andrea Enria non lascia molto spazio a interpretazioni. «Ci sono segni di potenziale miglioramento – ha commentato l’Eba nella sua valutazione globale – ma la qualità degli asset è ancora debole se paragonata con il record storico e soprattutto con altre regioni del mondo». Il riferimento è agli Stati Uniti che già lo scorso anno avevano la metà degli Npl che pesano sui bilanci europei e che oggi sono scesi a meno della metà. «Resistono soprattutto – nota l’Eba – ampie differenze fra le capitali con un terzo dei Paesi con un tasso di non performing loans superiore al 10 per cento».

L’Italia, come detto, è ancora al 16 o poco più per cento, in un gruppo guidato da Cipro, Grecia, Portogallo, Slovenia. Meglio di noi fa anche l’Irlanda scesa in un anno dal 20 al 14 per cento. La Germania è fra i Paesi più virtuosi sul capitolo specifico degli Npl, anche se la corona spetta alla Svezia con l’1% di prestiti non performanti. Secondo l’Eba i cosiddetti prestiti forborne che in Italia restano al 5,3% non sono cambiati nei valori aggregati europei.

La situazione, secondo l’Eba, impone di agire. «Oltre alla vigilanza sono necessarie riforme strutturali e lo sviluppo di un mercato secondario», si legge nella nota. E soprattutto di un’azione europea per quello che l’Eba considera evidentemente un problema europeo. Circola l’idea della creazione di una società di asset management a livello Ue che gestisca le sofferenze del sistema bancario, ma è progetto che non ha ancora superato gli ostacoli di sempre. Intanto il documento dell’Eba mette l’accento sulle riforme necessarie, a cominciare da quelle del sistema giudiziario che accelerando le procedure potrebbe contribuire alla soluzione del problema.

A preoccupare l’Eba non ci sono solo i crediti deteriorati. Il declino della profittabilità delle banche europee è fotografato dal calo del Roe che mediatamente si ferma al 5,7 in contrazione di 100 punti base rispetto al giugno 2015 e dalla caduta dell’operating income dell’8,8 per cento. Restano inoltre perplessità connesse ai rischi informatici e tecnologici e le controversie giudiziarie derivanti dai grandi scandali che pesano soprattutto sulle banche britanniche e tedesche. L’Eba ha poi notato che essendo il costo del funding tenuto basso dall’allentamento monetario della Bce nell’ultimo anno il calo dell’emissione di debito subordinato è stato «particolarmente pronunciato».

© Riproduzione riservata