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Ricapitalizzazioni e Npl, rete Bankitalia

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la situazione delle banche

Ricapitalizzazioni e Npl, rete Bankitalia

Ansa
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Non solo Mps ma anche il ruolo del fondo Atlante nei programmi di cartolarizzazione dei crediti deteriorati, il processo di vendita degli Npl di Carige, la fusione delle banche venete e la cessione delle “good bank”. Vista dalla Banca d’Italia, l’ipotesi di un intervento pubblico su ricapitalizzazioni fino a 15 miliardi del Tesoro per mettere in sicurezza gli istituti di credito in crisi avrebbe sicuramente effetti «di sistema».

L’eventuale impegno diretto e di tipo «precauzionale» a sostegno delle sette o otto banche in difficoltà di cui si parla ormai da giorni, da mettere a punto rispettando i paletti europei della Bank Recovery and Resolution Directive del 2014 (Brrd), aiuterebbe quel più generale processo di consolidamento del sistema che s’è andato rafforzando quest’anno. I dati offerti dall’ultimO Rapporto di stabilità finanziaria del 19 novembre sono rivelatori: nel primi nove mesi dell’anno gli istituti di credito hanno ceduto e cancellato dai bilanci 6 miliardi lordi di sofferenze (contro i circa 1,7 dello stesso periodo del 2015), una cifra che sale a 14 miliardi se si considerano anche le cessioni delle sofferenze avviate nei primi meni dell’anno dalle quattro banche poste i risoluzione nei primi mesi dell’anno. A fine anno, secondo le stime di via Nazionale, si potrebbe arrivare a cessioni per 8 miliardi superiori a quelle dell’intero 2015 e, tra queste, ci sarebbe anche la prima operazione assistita dalla garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze (Gacs).

Superata la difficoltà di queste settimane, tutta legata alle scadenze per il piano di ricapitalizzazione di Rocca Salimbeni, il «backstop» pubblico, se ci sarà, avrà un ruolo di consolidamento anche in prospettiva. Le banche italiane, come quelle europee, restano esposte a shock non solo legati ai mercati. Sono fonte di incertezza anche le iniziative regolamentari internazionali in corso di completamento, come la riforma sui requisiti prudenziali (Basilea 3), l’introduzione di quelli necessari per assorbire le perdite in caso di risoluzione (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, Mrel) e l’entrata in vigore nel 2018 del nuovo standard contabile sulla valutazione degli strumenti finanziari (IFRS 9). Come ha scritto Bankitalia nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria «nell’attuazione di queste misure – così come negli interventi di vigilanza mirati a ridurre l’incidenza degli attivi deteriorati – si dovrà tenere conto, oltre che dei benefici attesi di lungo termine, dei loro costi di breve periodo».

Va dunque letta in questa duplice prospettiva, di brevissimo e di più lungo periodo il valore dello scudo anti-crisi «precauzionale» e con burden sharing temperato che potrebbe aprire il Tesoro. Nella situazione più critica, quella del Monte del Paschi, con la garanzia pubblica sulla ricapitalizzazione si doppierebbe la boa che apre la strada alla cartolarizzazione dei 27 miliardi di Npl lorde a cui manca solo la firma definitiva del fondo Atlante. Il fondo promosso da Quaestio Sgr è peraltro al centro di un altro piano di cessione di tre delle quattro “good bank”.

L’acquisto da parte di Ubi di Banca Marche, Etruria e Carichieti, è sempre più vicino ed è legato, tra le altre cose, allo smaltimento di due terzi dei crediti deteriorati in capo alle banche salvate grazie al contributo di Atlante (circa 3,7 miliardi). Il veicolo guidato da Alessandro Penati dovrebbe intervenire acquistando la tranche mezzanina degli Abs generati dalla cartolarizzazione, sulla falsariga di quanto pianificato nel caso di Banca Mps. Una volta chiusa questa partita, al vaglio della Vigilanza della Bce, le tre banche verrebbero cedute alla banca guidata da Victor Massiah, forse già nel primo trimestre nel 2017. Anche se non è escluso che, complici i tempi per il deconsolidamento, si slitti ai mesi successivi. Mentre sembra confermato l’intervento del Fondo volontario per Carife, che potrebbe poi finire nelle mani del Credit Agricole. Al Fondo di risoluzione spetterà il compito di ricapitalizzare le good bank con 250 milioni circa, mentre Ubi dovrebbe procedere a una ricapitalizzazione per 400-500 milioni. In questo caso l’intervento dello Stato (si veda Il Sole 24Ore di ieri) potrebbe scattare a sostegno della ricapitalizzazione in caso di mancanza di investitori privati.

Un intervento pubblico di alleggerimento della posizione del fondo Atlante riguarderebbe poi il fronte veneto. La Popolare di Vicenza e Veneto Banca viaggiano verso una fusione affidata all’ad Fabrizio Viola, il manager che dovrebbe gestire la probabile ricapitalizzazione - altri 1-2 miliardi - e la tornata di esuberi - fino a 2.500 complessivamente tra le due banche - che permetterebbero al nuovo soggetto di essere appetibile per il mercato internazionale. Infine Banca Carige, il cui confronto con la Vigilanza della Bce è ancora aperto sulla vendita della prima tranche di Npl da 1,4 miliardi nell’ambito di un più ambizioso programma di fare scendere i crediti deteriorati a 3,7 miliardi ai 7,1 di oggi e un coverage del 42%. Un obiettivo molto ambizioso e che, se mancato, potrebbe indurre a un nuovo aumento di capitale aiutato, appunto, dall’intervento pubblico.

Insomma se sarà davvero messo in campo lo scudo del Tesoro, l’alleggerimento delle crisi indicate dalla stampa estera negli ultimi giorni prima del voto referendario potrebbe essere assicurato. Con gli effetti «sistemici» di superamento dell’impegno fin qui profuso dalle banche sane che nell’ultimo anno hanno sostenuto con risorse ingenti i diversi strumenti di aiuto attivati a livello nazionale e che, è il caso di Unicredit, si avviano a loro volta verso un calendario stretto di ricapitalizzazione che sarà di mercato.

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