Per le minerarie – e per i loro azionisti – la stagione dei bilanci non poteva cominciare meglio. Rio Tinto, che un anno fa con i conti in rosso tagliava i dividendi, adesso fa il pieno di utili e sorprende il mercato con una cedola superiore alle attese e un buyback del tutto imprevisto da 500 milioni di dollari.
Grazie al netto recupero dei prezzi delle materie prime, in particolare quelle prodotte da Rio, come il minerale di ferro, gli investitori hanno già ritrovato da tempo la fiducia nei confronti delle società estrattive: il settore è quello che ha brillato di più in borsa nel 2016, con un rialzo di oltre il 60% per l’indice Stoxx Europe 600 Basic Resources, seguito da un ulteriore +7% quest’anno (l’indice riferito all’intero listino ha perso l’1,2% l’anno scorso e recuperato meno di un punto percentuale nel 2017). Alcuni titoli hanno registrato performance stellari: più del 300% per AngloAmerican, più del 200% per Glencore.
Rio Tinto, che durante la crisi era stata meno penalizzata dal mercato, ha guadagnato circa il 60% nel 2016 a Londra e un paio di settimane fa il titolo si è spinto ai massimi da 4 anni, dopo l’annuncio della vendita delle miniere di carbone termico australiane ai cinesi di Yancoal.
Proprio le dismissioni, insieme alla riduzione dei costi e del debito sono stati tra gli assi portanti della strategia di rilancio del gruppo, in particolare sotto la guida di Jean Sébastien Jacques, ceo da luglio al posto di Sam Welsh. La ricetta ha funzionato, anche perché somministrata insieme all’incredibile rally del minerale di ferro, quasi raddoppiato di prezzo nell’ultimo anno, nonostante il surplus di offerta.
Il gigante minerario anglo-australiano ha registrato un utile netto di 4,62 miliardi di dollari nel 2016, contro una perdita di 866 milioni nell’esercizio precedente, che era stato il peggiore da un decennio. È la prima volta dal 2013 che Rio riesce a presentare un bilancio annuale in miglioramento. E gli azionisti sono stati ricompensati per la pazienza, con una redistribuzione – sottolinea la stessa mineraria – di 3,6 miliardi di dollari, a fronte di un cash flow di 8,5 miliardi.
La cedola è di 1,70 $ per azione, la più bassa dal 2012 ma comunque molto più generosa di quanto gli analisti non prevedessero dopo l’abbandono della politica dei dividendi progressivi, ossia sempre crescenti nel tempo a prescindere dalle condizioni del mercato. E c’è pure un buyback da mezzo miliardo di dollari, che sarà effettuato nel corso dell’anno a Londra (il titolo è quotato anche a Sydney).
«Entriamo nel 2017 in buona forma – ha dichiarato il ceo Jacques –Abbiamo mantenuto le nostre promesse». In particolare Rio richiama l’attenzione sul taglio dei costi operativi, che è già arrivato a 1,6 miliardi, su un obiettivo di 2 miliardi per il 2016-2017, e sulla riduzione del 30% del debito nel corso del 2016, a 9,6 miliardi di dollari (la leva è del 17%).
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