La rivoluzione tecnologica ha portato ad uno stravolgimento della vita di cittadini e imprese in tutto il mondo. Chi ha saputo dettare la rotta di questa rivoluzione si è conquistato un posto nell’olimpo delle grandi corporation globali. A fianco dei soggetti che tradizionalmente reggono le fila del capitalismo globale: i colossi della finanza e dell’industria. Se la prima fase della rivoluzione tecnologica ha visto come protagonisti i pionieri del software e dell’hardware(Apple e Microsoft su tutti), in quella che stiamo vivendo oggi,
segnata dalla diffusione degli smartphone e dell’internet in mobilità di massa, i soggetti emergenti sono soprattutto le grandi web-company. In pochi anni Google, Facebook, Amazon e altri hanno saputo modificare lo stile di vita e le abitudini di consumo di milioni di persone in tutto il mondo riuscendo a creare nuovi mercati assicurandosi, in molti casi, posizioni di quasi monopolio.
La rapidità con cui questo processo è avvenuto è direttamente proporzionale alla crescita di utili e ricavi di queste società. E, di riflesso, del loro valore di Borsa. Da un’elaborazione che Il Sole 24 Ore ha fatto utilizzando la banca dati S&P Market Intelligence risulta che oggi le web company quotate a Wall Street hanno una capitalizzazione complessiva di oltre 2300 miliardi di dollari. Nel conto abbiamo considerato sia chi fornisce servizi come i motori di ricerca o i social network (sotto questa categoria ci sono 141 società per un valore di oltre 1600 miliardi) che tutto il mondo dell’e-commerce e delle vendite online che vale quasi 700 miliardi buona parte dei quali ascrivibili alla sola Amazon che ne vale 407.
L’universo delle web company, di cui da ieri fa parte la matricola Snapchat, oggi vale circa il 6% di Wall Street. Il suo peso sul mercato azionario americano è quasi triplicato rispetto a cinque anni fa quando valeva il 2,2 per cento. La capitalizzazione dei titoli internet in questi cinque anni è quasi quadruplicata. In parte perché si sono quotate tante aziende, tra cui i pesi massimi Facebook (oggi terzo titolo a Wall Street con 397 miliardi di dollari di capitalizzazione) e Alibaba (260). Un po’ perché il mercato ci ha scommesso forte. In una Borsa come quella americana che in questi cinque anni ha corso tantissimo (+74% il rialzo dell’S&P 500) il Nasdaq Internet Index ha quasi doppiato il listino principale registrando un rialzo del 138 per cento.
Oggi le web company vengono scambiate sul mercato ad un valore pari a 38 volte gli utili attesi. Con un premio di oltre il 100% rispetto alla media dei titoli dell’indice S&P 500. Segnale che il mercato si attende che il settore continuerà a crescere in maniera sostenuta anche nel prossimo futuro così come ha fatto in passato. Se a fine 2012 le società quotate del settore fatturavano nel complesso 210 miliardi di dollari il bilancio 2016 dovrebbe chiudersi con ricavi aggregati pari a 472 miliardi (+124,7%). E lo stesso dicasi per gli utili che in cinque anni sono raddoppiati passando da 24 a 48 miliardi di dollari. Stando alle stime di consensus di S&P Market Intelligence il mercato per quest’anno si attende una crescita del 18% del monte utili e del 21% del fatturato aggregato.
Dietro le valutazioni molto elevate a cui la Borsa tratta le internet company c’è un eccesso di euforia come quella che portò allo scoppio della bolla della new economy del 2000? C’è da dubitarne. In primo luogo perché, per quanto le valutazioni siano elevate, siamo ben lontani dagli eccessi visti allora quando il Nasdaq arrivò a quotare 57 volte gli utili attesi. E poi perché i nuovi colossi del web hanno numeri e risorse ben maggiori. Una di queste è sicuramente l’arsenale di risorse liquide a disposizione che, stando ad una stima fatta sugli ultimi bilanci pubblicati, è pari a ben 247 miliardi di dollari. Se solo volessero, questi signori potrebbero comprarsi metà della Borsa di Milano con uno schiocco di dita.
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