Sui dettagli si sta ancora ragionando tra Roma, Bruxelles e Francoforte. Ma l’impalcatura di massima dell’operazione su Veneto Banca e Popolare di Vicenza è oramai definita. Tanto che già oggi potrebbe esserci una decisione da parte del candidato in pole position, Intesa Sanpaolo. A quanto risulta, la strada maestra prevede la cessione delle due banche venete a Ca de’ Sass previa “pulitura” dell’intero blocco di crediti deteriorati tramite intervento pubblico. A questo scopo andrebbero dirottati i circa 5 miliardi originariamente destinati alla ricapitalizzazione precauzionale, ipotesi che rimane ufficialmente in campo, come sottolineano fonti del Tesoro, ma che negli ultimi giorni ha perso abbondantemente terreno.
Tra i possibili acquirenti, al momento, il più accreditato sembra essere come detto il gruppo guidato da Carlo Messina, che sta valutando il dossier. A muoversi è stata anche Iccrea, supportata da Mediobanca come advisor, anche se a Francoforte avrebbero storto il naso sulla sostenibilità di questa strada. Ci sarebbe questo tra gli ostacoli che hanno fatto desistere il maxi gruppo cooperativo. Dal canto suo Unicredit, per bocca del presidente Giuseppe Vita, ha ribadito il proprio «no» a un intervento a due con Intesa, prefederendo una «soluzione di sistema che coinvolga la grandissima parte delle banche italiane». Uno scenario difficilissimo da realizzare, a poche ore dalla chiusura dell’offerta. Ed è proprio sulla composizione degli attori in campo che si devono giocare le ultime mosse, in vista della scadenza di oggi per le offerte a Rothschild. Alla data room si sono affacciati diversi, tra cui anche Bnl-Bnp Paribas e UniCredit stessa.
La definizione dei giocatori è il passaggio chiave per quella che si profila come una liquidazione “ordinata” per i due istituti in crisi, soluzione contemplata dalla direttiva Brrd sulle risoluzioni bancarie. All’articolo 46 la norma Ue spiega che «si dovrebbe sempre vagliare l’ipotesi della liquidazione dell’ente in dissesto con procedura ordinaria di insolvenza prima di applicare strumenti di risoluzione». «Nelle regole Ue c’è una certa flessibilità», ha confermato la commissaria all’Antitrust europeo Margreth Vestager rispondendo alla domanda se la ricapitalizzazione precauzionale fosse ancora una opzione per le due banche venete. «Non sta a me, ma alle autorità nazionali, decidere quali misure si dovrebbero prendere - ha aggiunto -. Il mio compito è assicurarci che la direzione presa sia applicata in linea con le regole».
Diversamente dalla risoluzione - gestita dal Single resolution board - la liquidazione coatta amministrativa sarà gestita direttamente da Banca d’Italia, nel quadro delle regole fissate dal Testo unico bancario. Le banche in dissesto, in particolare, rimarranno in vita per le attività correnti in vista della cessione. Prima di allora, è previsto che le perdite vengano colmate azzerando gli azionisti e coinvolgendo i possessori di bond subordinati e non quelli di titoli senior. Un meccanismo di rimborsi andrà poi dedicato ai piccoli investitori titolari dei titoli junior, sul modello di quel che si farà per Mps una volta ottenuto anche il via libera ufficiale da Bruxelles alla precauzionale.
In questo scenario, i fondi pubblici andrebbero destinati prima di tutto alla bad bank, per lo spin-off dei 10 miliardi di Npl in pancia alle due venete su cui sembra difficile l’intervento di Atlante 2, dirottato su Mps dall’uscita di scena dei fondi Fortress ed Elliott. Sul fronte dei deteriorati, lo Stato dovrebbe impegnare intorno ai 5 miliardi.
A seconda delle modalità di vendita, poi, il Tesoro potrebbe doversi impegnare denaro - con cifre decisamente più ridotte, sull’ordine delle centinaia di milioni - anche nel patrimonio delle «good bank» nate dalla liquidazione. Ma per gestire l’operazione il sostegno del governo può prendere anche altre forme, da un nuovo finanziamento del fondo esuberi a interventi fiscali allo studio: il veicolo per approvarli c’è già, ed è il decreto che ha bloccato il rimborso del bond junior in scadenza oggi di Veneto Banca e che nella conversione in Parlamento può arricchirsi di nuovi capitoli bancari.
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