Il Fondo monetario internazionale ha lanciato un avvertimento all'amministrazione Trump spingendosi a citare il rischio di una possibile recessione per la prima economia al mondo. Il messaggio è che l'insieme dato dal taglio alle tasse e dall'aumento della spesa pubblica «causeranno un rialzo del deficit federale oltre il 4,5% del Pil entro il 2019. Si tratta di quasi il doppio rispetto al deficit di solo tre anni fa». È quanto scritto nell'analisi annuale condotta dall'istituto di Washington sull'economia Usa. Secondo gli esperti dell'Fmi, «una politica fiscale prociclica così forte è abbastanza rara nel contesto americano e non si è vista sin dall'amministrazione Johnson negli anni '60».
Essa «aumenterà i rischi per gli Stati Uniti e l'economia globale». Per il Fondo, la rotta fiscale «darà una spinta di breve termine agli Usa e a molti dei suoi partner commerciali. Tuttavia, aumenta anche la portata e la dimensione dei rischi futuri, sia per gli Usa sia per l'economia globale». L'analisi dell'Fmi cita vari rischi a cominciare da un più alto debito pubblico (che è già «insostenibile» ed è visto superare il 90% del Pil entro il 2024). C'è poi una possibile sorpresa sul lato dell'inflazione, che potrebbe crescere più rapidamente delle stime.
La pressione inflattiva potrebbe far accelerare la Fed
«Un tale rialzo rapido delle pressioni inflattive potrebbe forzare la Federal Reserve a muoversi a un passo più veloce di quanto calcolato attualmente dai mercati, creando una potenziale volatilità e mandando in tilt i mercati Usa». Ciò si tradurrebbe in condizioni finanziarie più stringenti, cosa che metterebbe sotto stress famiglie e aziende indebitate. L'Fmi parla anche di rischi di contagio internazionale: la politica fiscale Usa potrebbe creare problemi per aziende, famiglie e Paesi stranieri, specialmente quelli che si sono indebitati in dollari. Inoltre ci potrebbe essere una inversione di rotta nei flussi di capitale verso i mercati emergenti. «Stiamo già iniziando a vedere i sintomi di questi spillover in altri Paesi», ha avvertito l'Fmi. L'istituto di Washington cita anche «il rischio di una futura recessione». Lo staff del Fondo spiega che un consolidamento fiscale graduale atteso dal 2020 in un momento in cui la Fed stringerà sempre più la cinghia si verificherà congiuntamente a un rallentamento dell'economia Usa a un tasso di crescita di circa l'1,5%, «di poco sotto il tasso di crescita potenziale».
Espansione record, ma rischi di vulnerabilità
L’Fmi ha confermato le stime di crescita degli Stati Uniti per quest'anno e l'anno prossimo, che tengono conto dell'effetto del taglio delle tasse voluto dal presidente americano Donald Trump prima dello scorso Natale, una ripresa «benvenuta» degli investimenti privati e condizioni finanziarie «di sostegno». Tuttavia, come già fatto in passato, l'Fmi ha avvertito: «Nonostante buone prospettive di breve termine, una serie di vulnerabilità si stanno formando per il lungo termine». Stando alle tabelle contenute nell'analisi annuale condotta dallo staff dell'istituto di Washington, il Pil statunitense è visto salire del 2,9% nel 2018 e del 2,7% nel 2019 dopo un +2,3% del 2017. I due dati sono identici a quelli contenuti nel World Economic Outlook dello scorso aprile. Il Fondo fa notare che «il prossimo anno, l'economia Usa è vista registrare l'espansione più lunga della storia» e che attualmente l'economia Usa è «oltre la piena occupazione».
Bocciata la politica commerciale Usa
Stroncata senza appello, invece, la politica commerciale. Il Fondo monetario torna a invitare gli Stati Uniti e i suoi partner «a lavorare insieme in modo costruttivo per ridurre le barriere commerciali e per risolvere i disaccordi commerciali e sugli investimenti senza ricorrere a dazi e ad altre misure». Nell'analisi annuale dell'istituto di Washington sull'economia americana, si legge che gli Usa «mantengono un regime commerciale molto aperto», cosa che «negli anni ha sostenuto la crescita Usa e la creazione di occupazione. La leadership Usa sul commercio ha incoraggiato una serie di Paesi ad aprire i loro regimi commerciali». Nel documento, si legge anche che «si è generalmente d'accordo sul fatto che l'economia globale ha bisogno di potere dipendere da un sistema commerciale internazionale aperto, giusto, fondato sulle regole».
L'Fmi riconosce però l'esistenza di preoccupazioni sugli effetti collaterali dati da un aumento di un commercio aperto. «È in questo contesto che l'amministrazione Usa ha adottato o proposto dazi», spiega lo staff del Fondo. Per l'Fmi, tuttavia, «queste misure probabilmente allontaneranno ulteriormente il mondo da un sistema commerciale aperto, giusto e basato sulle regole, con effetti avversi sia per l'economia Usa sia per i partner commerciali». Per l'istituzione guidata da Christine Lagarde, a cui non piacciono ritorsioni né la giustificazione della tutela della sicurezza nazionale, il raggiungimento di un equilibrio bilaterale nella bilancia commerciale tra Usa e altri Paesi «non dovrebbe essere visto come un target».
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