Nessuno saprà mai che cosa Donald Trump e Vladimir Putin si siano davvero detti. Ma il faccia a faccia tra i presidenti di Stati Uniti e Russia sembra aver smosso qualcosa anche sul fronte dell’energia, forse addirittura gettando le basi per qualche forma di intesa tra i due colossi globali degli idrocarburi.
È stato Putin a sbilanciarsi di più dopo i colloqui di Helsinki, parlando esplicitamente di possibili «spazi di cooperazione» tra Mosca e Washington sul mercato del petrolio e mostrandosi conciliante su Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto nel Mar Baltico che gli Usa vedono come il fumo negli occhi e che la settimana scorsa ha portato Trump ad attaccare più volte duramente la Germania, definendola «asservita alla Russia».
Il capo del Cremlino ha assicurato che Mosca è «pronta a preservare il transito del gas via Ucraina», anche se ha ripetuto che il contratto con Kiev, in scadenza a fine 2019, sarà rinnovato «se la disputa alla corte di Stoccolma verrà risolta»: una condizione impegnativa, nell’attuale fase dei procedimenti giudiziari che oppongono Gazprom e Naftogaz.
La compagnia ucraina, che a marzo ha ottenuto una prima vittoria in arbitrato, sta tentando azioni di sequestro sui beni della società russa per ottenere un risarcimento di 2,6 miliardi di dollari, contro il quale Gazprom ha presentato appello.
I vertici di entrambe le società hanno comunque partecipato ieri al primo incontro trilaterale organizzato a Berlino dall’Unione europea per cercare di risolvere la questione dei transiti in Ucraina: una presenza – quella di Alexei Miller, ceo di Gazprom, e Andrei Kobolev, ceo di Naftogaz – che è stata accolta come un segnale positivo per le trattative e che nel caso dei russi è quasi certamente il frutto di una migliore disposizione a trattare da parte del Cremlino.
«Veniamo con un approccio costruttivo», ha confermato il ministro dell’Energia russo Alexandr Novak all’inizio dell’incontro, a cui hanno partecipato anche il ministro degli Esteri ucraino Pavel Klimkin e il vicepresidente della Commissione Ue, Maros Sefcovic. Quest’ultimo ha sottolineato di puntare a un accordo che garantisca il passaggio di «volumi considerevoli» di gas russo attraverso l’Ucraina anche dopo il raddoppio del Nord Stream.
La stessa Germania – grande sostenitrice del progetto – oggi è schierata in difesa di Kiev: ad aprile per la prima volta la cancelliera Angela Merkel ha riconosciuto che Nord Stream 2 ha anche una valenza politica e affermato che il raddoppio della pipeline «non è possibile senza chiarezza sul ruolo di transito dell’Ucraina».
La nuova posizione di Berlino non è però bastata ad evitare gli attacchi di Donald Trump.«È molto inappropriato», ha denunciato l’inquilino della casa Bianca, che la Germania, membro della Nato, faccia «enormi affari nel petrolio e nel gas con la Russia». «Gli Usa pagano per proteggere l’Europa e poi perdono miliardi nel commercio», ha insistito Trump, che la settimana scorsa è tornato più volte sul tema, finendo col mettere in chiaro che il cuore del problema è di ordine economico.
Gli Stati Uniti dello shale puntano a conquistare (anche) l’Europa. Ma dopo il colloquio con Putin a Helsinki i torni di Trump si sono fatti molto più distesi. Il Nord Stream 2? «Non sono sicuro che sia nel migliore interesse della Germania, ma è questa la decisione presa dai tedeschi». «Noi venderemo Gnl – ha aggiunto il presidente Usa – Dovremo competere con il gasdotto e penso che competeremo con successo, nonostante loro (i russi, Ndr) abbiano un piccolo vantaggio di posizione geografica».
Di petrolio Trump in pubblico non ha parlato. L’ha fatto Putin, aprendo scenari non solo di pacifica convivenza (o di spartizione del mercato europeo, come per il gas). «C’è spazio per una collaborazione», ha dichiarato senza mezzi termini il presidente russo. «Noi siamo una grande potenza del petrolio e del gas e lo sono anche gli Usa. Penso che potremmo lavorare insieme alla regolazione dei mercati internazionali, perché entrambi non abbiamo interesse che i prezzi affondino né che salgano».
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