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Uber in Borsa, per le banche d’affari vale fino a 120 miliardi di…

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Quotazione nel 2019

Uber in Borsa, per le banche d’affari vale fino a 120 miliardi di dollari

(Ap)
(Ap)

Lo sbarco in Borsa più annunciato di sempre alimenta ancora l’hype. Uber, la società californiana di trasporto privato che conta 75 milioni di utenti e tre milioni di autisti in 65 paesi (e oltre 600 città), ha ricevuto in settembre proposte per la quotazione da Goldman Sachs e Morgan Stanley. Le due banche d’affari hanno valutato Uber fino a 120 miliardi di dollari (più di General Motors, Ford ed Fca messe insieme) per un’eventuale Ipo che potrebbe avvenire all'inizio del prossimo anno. In probabile anticipo, quindi, sull’ipotesi di debuttare in Borsa nella seconda metà del 2019, a dieci anni dalla sua nascita. La cifra, riportata da persone vicine al dossier e resa pubblica dal Wall Street Journal, è quasi doppia rispetto alla valutazione di Uber in un round di raccolta fondi avvenuto appena due mesi fa. I documenti delle banche d'affari contenenti proposte di valutazione costituiscono in genere il passo prima della decisione di affidare agli istituti di credito il processo di quotazione.

A fine agosto un accordo con Toyota ha spinto ulteriormente in alto il valore di Uber: mezzo miliardo di dollari investiti dal colosso nipponico per una scommessa strategica volta a sviluppare vetture a guida autonoma, le cosiddette driverless car. Obiettivi: riduzione dei costi del progetto e miglioramento della sicurezza in strada. In un recente colloquio con Il Sole 24 Ore il ceo di Uber, Dara Khosrowshahi, aveva illustrato le prossime sfide per la società hi-tech di San Francisco, che per prima ha impresso una svolta al modo di muoversi utilizzando lo smartphone: portare Uber finalmente - operazione titanica visto il rosso di quasi un miliardo a trimestre, a fronte di ricavi previsti nel 2018 compresi tra i 10 e gli 11 miliardi - a produrre utili, e, appunto, la quotazione a Wall Street.

L’Ipo della app di San Francisco rischia di diventare il maggiore collocamento azionario di sempre, ma non è dato per scontato che Uber ottenga davvero la valutazione stratosferica da 120 miliardi. Le stime di Goldman Sachs e Morgan Stanley sono dovute in parte al potenziale dell’azienda al di là delle attività di auto con conducente, e tengono in considerazione - sottolinea il Wall Street Journal - le quote della società cinese Didi Chuxing e nell'indiana GrabTaxi. C’è poi UberEats, il servizio di consegna a domicilio di cibo, che è valutato circa 20 miliardi di dollari: UberEats opera in 500 città a livello globale e ha raggiunto i 6 miliardi di dollari di ordini lo scorso anno, sui quali Uber incassa una commissione. Anche se tuttora in rosso, il servizio dovrebbe raggiungere l'utile ben prima delle attività di taxi e potrebbe quindi aiutare Uber a limitare in modo sostanziale le perdite.

La società di ride-hailing - alternativa privata ai taxi - è da tempo al centro di una profonda e difficile riorganizzazione seguita a bruschi cambi al vertice: dopo la traumatica uscita di scena del discusso cofondatore, Travis Kalanick, da poco più di un anno è sotto la guida di Khosrowshahi, che ha avuto l'incarico di “ripulire” la società dalla cultura tossica, ultra-aggressiva, maschilista e costellata da abusi, radicata dall’ex padre padrone. Un compito non facile ma che a fine 2017 aveva già dato un importante risultato, con l’ingresso nell’azionariato di SoftBank e un consorzio di investitori, tra cui Dragoneer Investment, General Atlantic e il private equity Tpg, che avevano acquistato il 17,5% di Uber, diventandone primi azionisti.

Uber, inoltre, è sempre stata alle prese con limitazioni al suo business, legate alla strenua opposizione dei tassisti e agli ostacoli burocratici legati alle licenze e ai rapporti di lavoro con gli autisti (numerosi i processi per decidere se si tratti o meno di lavoro dipendente) imposte dalle autorità, soprattutto in Europa ma anche negli Stati Uniti. Grossi problemi alla reputazione sono poi arrivati dagli episodi di violenza ai danni di passeggeri (in particolare donne) da parte di autisti di Uber. Infine non pochi guai sono stati dovuti di recente anche da incidenti fatali nei programmi di veicoli a guida assistita, che sono stati drasticamente tagliati e non sono stati più neppure menzionati nei commenti sui conti trimestrali.

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