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Le banche Usa fanno il pieno con gli interessi ma delude il trading

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Servizio |LE TRIMESTRALI

Le banche Usa fanno il pieno con gli interessi ma delude il trading

NEW YORK - Le grandi banche americane hanno archiviato l'ultimo trimestre del 2018 intascando profitti miliardari, a coronamento di un anno che ha visto i sei istituti principali superare collettivamente i cento miliardi di dollari di utili per la prima volta nella loro storia. Mai conti hanno spesso deluso le attese e hanno anche rivelato performance men che univoche delle attività, con pressioni nel cruciale segmento del trading mentre hanno guadagnato le attività al consumo. Esito da un lato del clima di forte volatilità e incertezze sui mercati; dall'altro di incrementi dei tassi d'interesse in un'economia che tuttora regge alle incognite.

Le sei protagoniste - Jp Morgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley - hanno tutte riportato cali nelle grandi divisioni impegnate nel trading di reddito fisso, valute e commodities, spesso in doppia cifra percentuale. Nelle parole del direttore finanziario di Citi, John Gerspach, la responsabilità è stata della cautela emersa tra i clienti, «rimasti ai margini, in attesa di chiarimenti delle condizioni di mercato».
Per il futuro, molto dipenderà dal clima sulle piazze finanziarie oltre che da una continua tenuta dell’economia. Il ruolo della Federal Reserve potrà rivelarsi importante: se cioè saprà ridare fiducia agli operatori, grazie all’atteggiamento più accomodante della crescita assunto di recente nelle dichiarazioni dei suoi esponenti di vertice, a cominciare dal chairman Jerome Powell. Tanto più che a mitigare i risultati dell’alta finanza contribuirà ora anche la scomparsa di paragoni favorevoli con gli stessi trimestri dell'anno scorso e lo svanire dell'impatto della riforma fiscale. Nel quarto trimestre del 2017 l'incremento dei profitti netti era stato gonfiato da oneri straordinari collettivi per oltre 30 miliardi riportati nel medesimo periodo del 2017 in risposta alla riforma delle tasse aziendali, che ha abbassato le aliquote ma ha costretto ad assorbire in bilancio temporanei costi legati alla svalutazione di crediti d'imposta futuri.

L'anno scorso, inoltre, oltre dieci miliardi di dollari di profitti extra sono stati generati dalla diminuzione delle aliquote, una fetta sostanziale della crescita delle banche.
I due volti adesso affiorati nelle performance bancarie - e che testimoniano le sfide aperte - sono riassunti anzitutto da due cifre contrastanti relative all'ultimo scorcio del 2018. Sono le cifre generate dagli interessi e quelle legate invece al già menzionato trading.

A JP Morgan i proventi netti da interessi, misurati dalla differenza tra quanto guadagna su prestiti e carte di credito e quanto paga sui depositi, sono lievitati del 10% nel quarto trimestre, a 14,4 miliardi di dollari. Anche se i conti della banca hanno nell'insieme deluso, gli utili della divisione al consumo sono balzati del 53% a 4,03 miliardi. Citigroup ha visto profitti da interessi dalle sue carte di credito americane salire del 6% a due miliardi. Wells Fargo, da parte sua, ha registrato un aumento nel net interest income del 3 per cento. Questo accade perché le banche hanno accelerato incrementi nei costi da interessi imposti ai clienti mentre hanno tenuto fermi gli interessi che versano per loro conto. Il rendimento medio di un conto di risparmio è stagnante allo 0,09% nell'ultimo anno; al contrario gli interessi caricati in media sulle carte di credito sono lievitati di 1,09 punti percentuali nel periodo considerato: 17,41 per cento.

Opposto l'andamento del trading per i conti delle grandi banche. In media i principali istituti hanno sofferto qui declini nelle entrate pari al 6%, erodendo i profitti di quello che un tempo era un motore sicuro delle performance. Bank of America ha riportato un declino del 18% nelle entrate da reddito fisso, Goldman Sachs del 15% e Citi ha visto la sua divisione markets and securities risentire di un calo del 21 per cento.

Un fenomeno spiegato con quella che è stata definita non tanto la volatilità dei mercati, ma la “cattiva volatilità”, fatta di movimenti troppo bruschi e imprevedibili. A darne conto e spiegazione è stato il chief executive di Citi, Michael Corbat. «È quando il mercato appare senza direzione e gli investitori non sono sicuri di quanto si spingano alcuni movimenti - ha detto - Abbiamo avuto cattiva volatilità nel quarto trimestre».

A complicare la situazione per i trader, investimenti che spesso reagiscono in maniera diversa questa volta si sono comportati nel medesimo modo, negativamente, dai treasuries alla borsa. Anche beni rifugio tradizionali hanno agito in modo imprevisto, con lo yen giapponese che ha guadagnato poco.

Ecco, in breve, un riassunto dei bilanci in chiaroscuro delle maggiori banche statunitensi.
JP Morgan
è riuscita a far crescere i profitti di due terzi nel quarto trimestre del 2018, mettendo a segno un rialzo del 67% a 7,07 miliardi di dollari. Ma ha sofferto flessioni nel trading in un clima volatile sulle piazze finanziarie e ha deluso le attese di bilancio per la prima volta in quasi quattro anni. Gli utili per azione sono stati pari a 1,98 dollari contro i 2,20 previsti. Le entrate, salite del 4% a 26,8 miliardi, sono a loro volta rimaste leggermente sotto le previsioni.

Bank of America, secondo istituto di credito Usa per asset dietro JP Morgan, ha triplicato gli utili a 7,28 miliardi (70 centesimi per azione contro 63 attesi) portando i profitti annuali al massimo di 28,15 miliardi. Le revenue sono salite a 22,74 miliardi contro 22,35 miliardi pronosticati.

Citigroup ha battuto le previsioni di profitto nel quarto trimestre dall'anno scorso, mettendo a segno un utile al netto di voci straordinarie in rialzo del 14% a 4,2 miliardi di dollari, pari a 1,61 dollari per azione contro gli 1,55 previsti. Un ritorno in attivo dalle perdite di 18,9 miliardi contabilizzate un anno prima e aggravate dall'impatto della riforma delle tasse. Le entrate hanno però deluso, scendendo del 2% a 17,1 miliardi contro attese di 17,6 miliardi sotto la pressione di una flessione di oltre un quinto nelle revenue del reddito fisso.

Wells Fargo, reduce anche da riorganizzazioni e scandali di truffe ai clienti, ha riportato flessioni negli utili, dell'1% a 6,06 miliardi, e delle entrate, del 5%, pur superando i pronostici.

Goldman Sachs ha ribaltato perdite subite a fine 2017 mettendo a segno profitti per 2,54 miliardi, pari a 6,04 dollari per azione che hanno bruciato i 4,45 dollari attesi. Le entrate di 8,08 miliardi hanno surclassato i previsti 7,55 miliardi.

Morgan Stanley ha scontato passi falsi sia nei profitti che nelle entrate, provocati da scosse sui mercati che hanno messo sotto pressione trading e gestione patrimoniale: gli utili di 1,53 miliardi negli ultimi tre mesi dell'anno scorso, pur più che raddoppiati rispetto ai 643 milioni dell'anno precedente, si sono fermati a 80 centesimi per azione contro gli 89 centesimi attesi. Le revenue sono scivolate del 10% a 8,55 miliardi, sotto i pronostici di 9,3 miliardi.

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