Niente vertice ad aprile. L’Opec e i suoi alleati a breve non cambieranno rotta sul taglio della produzione di petrolio e la riunione straordinaria in agenda tra un mese esatto a Vienna quasi certamente salterà: Arabia Saudita e Russia non la vogliono più (forse anche per non mettere in evidenza la diversità di vedute sul mercato). E il comitato di monitoraggio sui tagli produttivi – organismo ristretto dell’Opec Plus, che si è appena riunito a Baku, in Azerbaijan – ha raccomandato di cancellare l’appuntamento.
Sul sito dell’Organizzazione degli esportatori di greggio il meeting di aprile fino a ieri pomeriggio era ancora pubblicizzato con evidenza, ma solo perché la revoca richiede l’approvazione di tutti i Paesi membri. In realtà non dovrebbero esserci nuovi colpi di scena: chi comanda davvero ha già deciso, gli altri seguiranno.
Il ministro saudita Khalid Al Falih assicura che «c’è consenso sul fatto che ad aprile sarebbe prematuro decidere sulla produzione nella seconda metà dell’anno». Troppe incertezze gravano ancora sul mercato, a cominciare dall’effetto delle sanzioni Usa contro Venezuela e Iran. L’embargo contro il greggio di Teheran in particolare potrebbe diventare più rigido se Washington attenuerà o revocherà del tutto le esenzioni ai maggiori importatori, ma è probabile che la decisione non si conoscerà fino al 3 maggio, troppo tardi per un vertice Opec Plus che dovrebbe tenersi il 17 e 18 aprile.
Al Falih nega di aver avuto “soffiate” sulle intenzioni degli americani. «Nessuno ci mette sotto pressione, solo il mercato», giura il ministro, adottando toni di sfida con Donald Trump, che chiede all’Opec di «andarci piano» coi tagli: «Non cambieremo rotta finché non vedremo che fa male ai consumatori, finché non vedremo l’impatto sulle scorte».
Anche Mosca preferisce evitare un vertice a breve. È anzi probabile che ancora una volta sia stata la posizione dei russi ad orientare le scelte dell’Opec Plus. Il ministro Alexandr Novak, impossibilitato a fermarsi a Baku, domenica si è ritirato a colloquio con Al Falih per quasi tre ore, dichiarando prima di partire di essere d’accordo con il saudita sulla necessità di «continuare a monitorare la situazione per discutere solo a maggio-giugno che cosa fare nella seconda metà dell’anno». I due hanno tuttavia espresso diagnosi ben diverse sul mercato.
Per Novak le sanzioni contro Iran e Venezuela «hanno avuto un impatto e delle conseguenze estremamente negativi», ma domanda e offerta di petrolio oggi sembrano comunque «in equilibrio», spingendo a rinviare ogni decisione sui tagli. Il saudita sostiene invece che è già chiara la necessità di prolungarne la durata fino a fine anno, perché la produzione e l’export di greggio da Teheran e Caracas «non sono diminuite in modo precipitoso, tanto che dal quarto trimestre 2018 vediamo crescere le scorte petrolifere».
A questo punto ogni valutazione dovrebbe slittare al vertice ordinario dell’Opec Plus, già programmato per il 25-26 giugno a Vienna.
Un mese prima a Jeddah, in Arabia Saudita, ci sarà invece un nuovo incontro tecnico, allargato a ben 9 Paesi della coalizione: il Joint Ministerial Monitoring Committee (Jmcc) da ieri ha accolto anche gli Emirati arabi uniti, l’Iraq e la Nigeria, mentre per i non Opec l’Oman è stato sostituito dal Kazakhstan.
I nuovi membri – a parte gli Emirati tutti finora molto recalcitranti nel tagliare la produzione – rischiano di complicare ulteriormente le discussioni all’interno dell’organismo, di cui continueranno a fare parte anche Arabia Saudita, Russia, Kuwait, Algeria e Venezuela.
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