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Le chanukkiot di Casale Monferrato che ricordano la Shoah

L'unico museo dei lumi al mondo si trova a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. Piemonte. Niente a che vedere con Diderot, D'Alembert e il ‘700.
I lumi in questione sono i candelabri rituali a nove braccia, che nell'immaginario collettivo evocano immediatamente l'ebraismo almeno quanto la stella di Davide, se non di più.
Non è un caso che questa istituzione si trovi proprio qui, nel cuore del Piemonte orientale, dove di ebrei praticanti e residenti ne sono rimasti soltanto otto. Una volta non era così: ce n'erano centinaia, arrivati a partire dal 1492 (neppure questa data è casuale: è l'anno della cacciata dalla Spagna).

Il picco si è toccato sotto Carlo Alberto, con 850 residenti. L'idea di creare il museo è maturata nel 1994, quando la comunità ebraica di Casale Monferrato celebrava i 400 anni della sinagoga. E' allora che si decide di dar vita all'iniziativa, sotto la spinta di Antonio Recalcati – riconosciuto come fondatore del museo. Dalla prima chanukkiah (il termine ebraico per indicare la lampada) realizzata da Elio Carmi (che è pure vicepresidente della Comunità locale guidata da Giorgio Ottolenghi) a quella creata da Arnaldo Pomodoro sono passati una ventina d'anni e decine di donazioni. A oggi sono in tutto 156, di artisti famosi a livello internazionale, come Pomodoro appunto o Mimmo Paladino, Ugo Nespolo, Emanuele Luzzati, Roland Topor, David Gerstein, Omar Ronda, Marco Lodola.

Collezione invidiata
«Può sembrare strano, ma è vero: il nostro è l'unico museo dei lumi al mondo» conferma Claudia De Benedetti, presidente della "Fondazione arte, storia e cultura ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte orientale", consigliera Ucei (l'Unione delle comunità ebraiche italiane), membro del Congresso ebraico europeo e presidente della sezione italiana dell'Agenzia ebraica: l'istituzione che affianca gli ebrei italiani che si accingono alla "salita", il ritorno in Israele. «La nostra peculiarità – spiega De Benedetti – è confermata dal fatto che la collezione è richiesta in tutto il mondo. Abbiamo prestato una selezione delle nostre opere ai musei di cultura ebraica di Roma, Parigi, Amsterdam, Gerona. E abbiamo ulteriori richieste da New York e da Vienna». Le date per queste prossime trasferte, però, non sono ancora definite: prima c'è da incastrare i tasselli con un obiettivo che sta a cuore alla comunità piemontese.

Il progetto Expo
«D'intesa con il Comune di Casale Monferrato – chiarisce la presidente della Fondazione – stiamo mettendo a punto la partecipazione all'Expo di Milano nel 2015. E' un evento cui teniamo particolarmente e vorremmo che la collezione fosse fruibile integralmente». A testimonianza del valore dell'istituzione piemontese c'è anche la classifica che la vede al terzo posto come numero di visitatori dopo il museo ebraico di Roma e quello di Venezia. «Ogni hanno accogliamo circa 18mila persone, tra le quali molte scolaresche» dice Claudia De Benedetti. Tra l'altro, proprio nel 2015 il Museo dei lumi potrebbe raggiungere anche un altro traguardo: quello delle duecento chanukkiot (le lampade al plurale, in ebraico). Le donazioni, infatti, non si fermano, come fanno sapere dalla comunità casalese. L'obiettivo potrebbe fare da volano a un'ulteriore iniziativa: la ristampa aggiornata del libro realizzato nel 2009 e intitolato "Cento lumi per Casale Monferrato".

Il rapporto con la Shoah
I candelabri rituali, di per sé, non hanno legami con la memoria dell'Olocausto. Ma, come rivela Claudia De Benedetti, in realtà un richiamo «emerge spesso. Soprattutto nelle opere realizzate da artisti non ebrei». E' il caso, per esempio, della chanukkiah creata da Mimmo Paladino, in argilla gialla e argilla marrone refrattaria (realizzata materialmente dalla Ceramica Gatti, di Faenza), la cui forma ricorda immediatamente quella del camino dei forni crematori. Ma anche l'opera di Arman, dei violini spezzati dai quali emergono le nove fiammelle, induce a pensare al tentativo criminale di distruggere una parte fondamentale della cultura europea. E il lume di Vito Boggeri evoca inevitabilmente un treno.

Otto lumi e un "servitore"
La festa di Chanukkah – come spiega il sito internet della comunità, - «comincia il 25 del mese di kislev e dura otto giorni». Per capirci, cade normalmente un po' prima di Natale. E, a testimonianza del forte legame del territorio con la propria comunità ebraica, a Casale Monferrato si dice che «non arriva Natale se prima non si è celebrata la festa dei lumi». Lo scorso dicembre, l'inizio delle celebrazioni ha visto la partecipazione del sindaco, del commissario di pubblica sicurezza e dei rappresentanti delle varie comunità religiose: in prima fila la diocesi casalese.
La ricorrenza commemora il miracolo della riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme, nell'anno 175 prima dell'era volgare (avanti cristo). Quando gli ebrei sconfissero i nemici e ripresero possesso della città trovarono il santuario profanato. E quando si apprestarono a riaccendere la lampada eterna scoprirono che era rimasta un'unica ampolla d'olio consacrato – con il sigillo del sommo sacerdote – che sarebbe bastato appena per un giorno. Invece l'olio durò otto giorni interi, dando il tempo di prepararne dell'altro. Gli otto lumi rappresentano così gli otto giorni, il nono lume è lo shammash, il servitore che serve per accendere gli altri.

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