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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2013 alle ore 09:12.

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NAPOLI - A Napoli, in via Pietro Castellino, a due passi dalla Metropolitana, in un palazzo uguale a tanti altri, con poche insegne e pubblicità, si nasconde l'Igb, l'Istituto di Genetica e Biofisica del Cnr, "Adriano Buzzati Traverso", dal nome dello scienziato che lo fondò nei primi anni 60. Un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale, come hanno sentenziato gli esperti valutatori internazionali dal 2009, i quali hanno assegnato all'Igb il primo posto tra i centri di ricerca nel campo delle biotecnologie e in quello delle scienze agrarie, il sesto per le scienze biologiche.

Qui, 25 gruppi di ricercatori studiano cellule staminali e loro evoluzioni, tumori, e altri temi scientifici cruciali per il progresso della medicina e la cura delle malattie rare. Qui i laboratori sono in grado di fare meglio che altrove expertise per saggiare la risposta di cellule staminali o tumorali a molecole naturali, sintetiche o farmaci. Infatti, nel 2006, collaborando con ingegneri svizzeri della Hamilton Robotics, ricercatori dell'Igb hanno progettato il "Cell-Maker": stazione robotica, con un rischio di errore inferiore al 5%, che compie in poche ore il lavoro che un singolo ricercatore fa in mesi, iniettando simultaneamente fino a 1200 composti in altrettante colture cellulari. Unico esempio in Italia. Pubblicazioni, brevetti, cooperazione internazionale hanno fatto sì che un luogo, fisicamente anonimo, suscitasse grande interesse nel mondo non solo di chi fa ricerca, ma anche tra le aziende che operano nel campo delle biotecnologie, collegate con l'industria farmaceutica. Tre di queste hanno trovato utile insediarsi all'interno dell'Igb.

Prima ad arrivare, nel 2004, è la Primm, azienda che oggi ha un giro d'affari di 8 milioni e 50 ricercatori. La sua missione, dapprincipio, è offrire servizi agli istituti di ricerca: la società che ha la sua sede principale a Milano e una filiale a Trieste, infatti si occupa di sintesi e sequenziamento del Dna, in altre parole la procedura che è alla base di qualsiasi manipolazione genetica. Successivamente avvia progetti finalizzati a rendere più efficaci i farmaci, come quello sugli involucri a microsfera, ormai in fase avanzata. Primm riceve commesse da Cina, Svizzera, Medio Oriente, solo per fare qualche esempio.

A fine 2011 s'insedia all'interno dell'Igb la Irbm di Pomezia, nata dalle ceneri di un centro di ricerca della Merk (chiuso dopo che la multinazionale ha deciso di delocalizzare i propri laboratori a Boston), rilevato dall'imprenditore italiano Piero Di Lorenzo. Irbm, che ha già all'attivo lo studio sulla molecola da cui è stato ricavato Isentress, rivoluzionario farmaco per la cura dell'Aids, con tre ricercatori e un tecnico, impianta all'Igb un laboratorio che ha la missione di studiare la rigenerazione dei tessuti per ricavarne farmaci che possano curare dalle distrofie, all'infarto, oppure consentire interventi sostitutivi dei trapianti. Dopo sedici mesi di lavoro, a breve, la prima molecola potrebbe essere pronta. «Per l'applicazione ci vogliono anni di lavoro – mette in guardia il responsabile del settore per Irbm, Sergio Altamura – ma lavorando gomito a gomito con i ricercatori dell'Igb abbiamo accelerato e migliorato gli studi».

Nel 2012 è la volta di Bio-Ker Srl, società del gruppo Multimedica, che ha la sua sede principale a Cagliari, e inaugura a Napoli due sedi, una all'Igb e l'altra al Policlinico per portare avanti un progetto finanziato con il Pon da 9 milioni. L'obiettivo è utilizzare anticorpi monoclonali per costruire farmaci antitumorali. L'iniziativa impegna dieci ricercatori in organico e altri dieci giovani borsisti. Lo studio è in corso, non ha raggiunto la fase dell'applicazione che però si ritiene non sia lontana, ma intanto Bio-Ker «avrebbe bisogno di altro spazio all'interno del polo napoletano – dice Luca Sanguigno, ricercatore di 26 anni e capo team – per consolidare la propria presenza». Luca, esperto nella produzione di anticorpi monoclonali, ha creato quello che si potrebbe definire uno spin off di ricerca: la Almabs Sas, con sede a Napoli, che dopo un investimento iniziale di 9mila euro, quest'anno ha ottenuto le prime tre commesse da parte di una multinazionale del farmaco, da un laboratorio universitario e da una società inglese per un valore di 20mila euro.

Per il direttore dell'Igb, Antonio Baldini, abruzzese di origine, che si è formato e ha lavorato per 20 anni in Texas, da dove è tornato da soli cinque anni: «La collaborazione con le imprese segna la svolta, dopo quasi un lustro di rigorosa ricerca di base e dà una forte spinta a tutta l'attività». I risultati ci sono. Il 2012 per l'Igb è un anno di successi, avendo toccato il record delle 104 pubblicazioni sulle riviste scientifiche più prestigiose. Tra il 2008 e il 2012 i parametri standard di produttività scientifica si rafforzano, grazie anche a un aumento di risorse finanziarie esterne. Parte una profonda riorganizzazione potenziando le proprie facilities (stabulario, microscopia, informatica, genomica) e reclutando nuove expertise, cervelli di rientro da proficue esperienze internazionali. L'Igb tesse intense relazioni internazionali, con Usa, Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, Spagna, e molti altri Paesi, che migliorano la qualità della ricerca e sbloccano finanziamenti internazionali. Necessarie per una ricerca che dispone di poco.
L'Igb vive di contributi di Telethon, Airc, Ue, Miur; la Regione Campania ha azzerato i suoi contributi dal 2010. Il contributo del Cnr è diminuito fino a circa 120mila euro nel 2012. «Attrarre investitori è arduo – aggiunge Baldini –. Spesso le imprese avviano i progetti, poi la lunga attesa di risorse e la mala burocrazia le inducono a ritirarsi». E conclude: «Ora vorremmo ampliare l'incubatore. Ci vorrebbe un milione da investire. Ma non l'abbiamo».

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