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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2014 alle ore 12:19.
L'ultima modifica è del 09 dicembre 2014 alle ore 16:24.

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Troppa dipendenza dal gas, troppi sprechi nei sussidi alle energie rinnovabili, fisco vorace e mercato elettrico ancora in gabbia. Ma anche scarsa attenzione a sfruttare le tecnologie nelle reti e nella distribuzione di energia. È un vero concorso di colpa quello che affligge le bollette elettriche degli italiani, con extracosti del 30% e anche più rispetto alla media dei listini europei. Viene dagli esperti dell'Rse (Ricerca Sistema Energetico, il laboratorio istituzionale per la ricerca di settore) la radiografia aggiornata dei mali che affliggono le nostre bollette, ma anche delle buone opportunità per sanarli. Il tutto con una diagnosi decisamente forte: i costi “recuperabili” sotto forma di sconti sulle bollette potrebbero arrivare, senza troppe difficoltà, al 10%.

Lo studio, presentato oggi a Roma, non si limita a confermare uno scenario largamente noto. Rivela i reali costi per produrre elettricità ricorrendo le diverse fonti, scompone i sussidi alle energie rinnovabili per calibrarne la razionalità e stimarne i reali sprechi, traccia il percorso dell'energia dal produttore fino al consumatore per vedere dove si annidano gli ulteriori extra costi, come variano nel tempo e dove si potrebbe e si dovrebbe risparmiare. Ne escono utili indicazioni, con qualche sorpresa.

Colpa non solo del mix
Ben si sapeva che una parte consistente dei nostri extra costi in bolletta deriva da un mix energetico poco equilibrato: abbiamo rinunciato al nucleare chiudendo di colpo le nostre centrali affibbiando i costi dell'operazione ai consumatori, abbiamo usato il carbone con molta timidezza, dipendiamo largamente dal gas. E paghiamo, con la bolletta, la bellezza di oltre 13 miliardi l'anno come voce aggiuntiva per finanziare le energie verdi. Ma se tutto funzionasse più correttamente quanto pagheremo? In altri termini: quanto valgono davvero, voce per voce, questi extracosi o questi mancati risparmi?

Ecco quel che ci rivela l'Rse nello studio fondando le proprie valutazioni un parametro il più possibile oggettivo per stimare il valore economico delle singole fonti energetiche: il Lcoe, che sta per Levelized Cost of Electricity, ovvero il prezzo di vendita necessario rispetto all'energia generata da un impianto nella sua vita tecnica per coprire tutti i costi (dalla costruzione all'esercizio, dagli oneri finanziari alle tasse) ottenendo un plausibile ritorno sul capitale investito. Ebbene, accoppiando questo dato con gli altri parametri essenziali che riguardano il mercato, i sussidi e le varie esternalità, la diagnosi dei ricercatori produce indicazioni davvero interessanti.

Per valutare i costi industriali “puri” ma anche quelli stimati comprendendo anche le esternalità correlate agli oneri che sarebbero necessari per compensare le emissioni inquinanti in atmosfera, l'Rse si rifà assumendo i parametri stabiliti dall'Agenzia europea per l'ambiente (EEA). Un calcolo “sociale”, in questo secondo caso, che avvicina di molto la competitività delle rinnovabili rispetto alle altre fonti (vedi tabella).

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