Economia

Referendum contro le trivelle

  • Abbonati
  • Accedi
energia

Referendum contro le trivelle

  • –di F.Re.

Anni di polemiche e di mediazioni: niente da fare. La battaglia italiana contro le trivelle ha celebrato ieri l’ennesimo attacco frontale. Mezza Italia dice ufficialmente, e di nuovo, no alle norme che dovrebbero riattivare la ricerca e l’estrazione di petrolio e gas nei nostri mari. Lo strumento della lotta all’upstrream “made in Italy” sarà quello del referendum, come chiedono dieci Consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto) nella deliberazione depositata in Cassazione. La richiesta riguarda l’abrogazione dell’articolo 35 dell’ultimo Decreto Sviluppo, di alcune parti dell’articolo 38 del decreto “Sblocca Italia” oltre a provvedimenti specifici previsti dalle norme sulle semplificazioni.

Due gli obiettivi che hanno pian piano aggregato i consigli regionali sull’iniziativa impostata dalla Basilicata: annullare le facilitazioni normative alle trivellazioni, in particolare la norma che riapre alla possibilità di operare entro le 12 miglia dalle coste, e evitare la nuova centralizzazione delle competenze sulle materie energetiche allo Stato che spoglia le amministrazioni locali di prerogative che ora consentono nei fatti di bloccare qualunque progetto.

Con una raffica di dichiarazioni gli esponenti delle Regioni motivano e giustificano l’iniziativa. Che ha subito guadagnato assensi anche in Parlamento, anche dagli schieramenti vicini alla coalizione di Governo, oltre che tra (ma era scontato) le associazioni ambientaliste.

I quesiti referendari proposti dalle Regioni sono sei. Il primo riguarda appunto l’articolo 38, comma 1, del decreto Sblocca Italia, che sancisce la strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi. Nel mirino del secondo quesito il comma 1-bis dello stesso articolo, che istituisce un uovo “piano delle aree” per razionalizzare sul territoriale attività di ricerca ed estrazione affidando alla Conferenza unificata un ruolo non vincolante. Nel terzo quesito si contesta la durata delle attività previste sulla base del nuovo titolo concessorio unico destinato a sostituire i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione.

Il quarto quesito riguarda l’articolo 57 del d.l. 5 del 2012 sulle semplificazioni, che riguarda le infrastrutture strategiche e prevede l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato con la procedura semplificata disciplinata dalla legge 239 del 2004. Il quinto quesito è un’estensione e completamento del secondo e del quarto , con riferimento specifico al ruolo degli enti territoriali che con la nuove disciplina verrebbero depotenziati nelle competenze sulla definizione delle aree esplorative e sul rilascio dei titoli minerari.

Il sesto quesito riguarda l’articolo 35 del decreto legge 3/2012 (Decreto Sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge n. 134/2012. In pratica si chiede di ripristinare pienamente il divieto di qualunque attività di ricerca e estrazione di idrocarburi sia nelle aree marine protette che, in ogni caso, entro 12 miglia sia dalle coste che dalle aree protette.