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Ilva, processo tutto da rifare

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Taranto

Ilva, processo tutto da rifare

Taranto - Il processo Ilva in Corte d’Assise a Taranto crolla come un castello di carta per alcuni difetti formali riscontrati nel provvedimento con cui, lo scorso 23 luglio, il giudice dell’udienza preliminare, Wilma Gilli, ha disposto 47 rinvii a giudizio.

I difetti formali riguardano l’omissione del nome di un avvocato d’ufficio, la mancata puntualizzazione dei reati contestati, dei ruoli operativi svolti e dei tempi a cui quest’ultimi si riferiscono, relativamente ad una serie di imputati, infine l’insufficiente descrizione dell’imputazione sollevata verso l’Ilva. Dettagli, eppure di rilievo visto che hanno bloccato tutto. Ieri la Corte d’Assise ha deciso che si torna all’udienza preliminare e quindi bisognerà rifare tutto daccapo. È come se un anno di udienze davanti al gup Wilma Gilli, da giugno 2014 a luglio 2015, non si fosse mai svolto. Eccetto la posizione dei cinque imputati che hanno scelto il rito abbreviato e che sono stati già giudicati (due condannati e tre prosciolti), per gli altri 47 di cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, ora si apre un nuovo procedimento davanti ad altro gup. Essendosi già espressa, non sarà infatti il giudice Gilli a pronunciarsi. E decadono anche le oltre 800 richieste di costituzione parte civile che erano state ammesse per un ammontare complessivo di 30 miliardi. C’erano i ministeri della Salute e dell’Ambiente, la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Taranto, ma anche i sindacati, le associazioni ambientaliste, le organizzazioni dei mitilicoltori, degli allevatori e degli agricoltori, categorie che hanno lamentato danni alle loro attività a seguito dell’inquinamento dell’Ilva.

Una mera dimenticanza appare il fatto che il nome dell’avvocato Vincenzo Vozza, che all’udienza preliminare conclusiva del 24 luglio scorso era stato designato quale difensore d’ufficio per undici imputati che quel giorno non avevano il proprio legale in aula, non compaia nel provvedimento del gup che dispone i 47 rinvii a giudizio.

Eppure è uno dei motivi che ha «azzerato» il processo sinora svoltosi, riportando indietro le lancette. Inoltre, lo stesso avvocato Vozza, sentito ieri, ha dichiarato di non ricordare se quel 24 luglio fosse stato nominato o meno difensore d’ufficio. È stata la Procura, col procuratore aggiunto Pietro Argentino, ad accorgersi dei difetti formali e a porre la questione alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Michele Petrangelo. Pare che la Procura li abbia notati solo nei giorni scorsi. La pubblica accusa ha quindi deciso di uscire subito allo scoperto per evitare che la difesa degli imputati, probabilmente anch’essa a conoscenza dell’omissione, potesse tenere il caso coperto per lungo tempo salvo poi tirarlo fuori, come un’asso nella manica, in Corte di Cassazione. A quel punto, non solo l’udienza preliminare sarebbe stata «azzerata» ma anche le conclusioni del primo e del secondo grado di giudizio.

Ieri si è discusso se quanto emerso potesse essere ritenuto una nullità relativa, sanabile cioè dalla Corte d’Assise, oppure assoluta, rendendo quindi necessario tornare al gup. La Corte ha scelto quest’ultima strada. Oltre ad essere rilevante sia per il numero degli imputati, degli avvocati e delle parti civili, che per i capi di imputazione contestati (associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale è il reato ascritto a Fabio e Nicola Riva, esponenti della proprietà dell’Ilva), il processo di Taranto sinora non ha avuto un cammino facile. L’udienza preliminare, a metà 2014, restò in stand by per alcuni mesi in quanto i difensori di 13 imputati, dell’Ilva e di Riva Fire avanzarono istanza di rimessione alla Corte di Cassazione.

In pratica, chiesero di spostare il processo in altra sede (sarebbe stata Potenza nel caso) in quanto a Taranto, per la pressione degli ambientalisti e di alcune componenti della città, nonchè per le manifestazioni anti-Ilva che si erano svolte in passato, non c’erano le condizioni per un giudizio «sereno» ed «equilibrato». La Cassazione però decise a ottobre 2014 che il processo dovesse restare a Taranto.

E così l’udienza preliminare riprese e si concluse a luglio scorso con 47 rinvii a giudizio. Relativi a 44 persone fisiche tra cui i due fratelli Riva, l’ex governatore pugliese, Nichi Vendola (concussione aggravata), il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno (omissione di atti d’ufficio), l’allora presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, dirigenti del siderurgico, funzionari ed amministratori pubblici. Ma anche a 3 società per la responsabilità amministrativa delle imprese: Riva Fire, Riva Forni Elettrici e Ilva. Il processo in Corte d’Assise è cominciato il 20 ottobre scorso ma si è subito inceppato per l’omessa notifica ad uno degli imputati, l’ex assessore della Regione Puglia, Nicola Fratoianni, oggi deputato di Sel. Nemmeno l’udienza dell’1 dicembre si è svolta perchè c’era lo sciopero dei penalisti. Si è così arrivati a ieri. Ma stavolta dovrà trascorrere tempo prima che il proccesso Ilva torni in aula.

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