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Ilva, Bruxelles avvia un’indagine formale su aiuti di Stato per circa…

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Ilva, Bruxelles avvia un’indagine formale su aiuti di Stato per circa 2 miliardi

La Commissione Europea accende un nuovo faro sull'Ilva. Oggi è stato dato il via libera ad un'indagine approfondita per sospetti aiuti di Stato all'azienda dell'acciaio. L'avvio della procedura è stato approvato dal collegio dei commissari europei nella riunione di oggi a Strasburgo e sarà formalmente annunciato domani così come previsto. Le norme Ue sugli aiuti di Stato prevedono che l'avvio di un'indagine non comporti subito una valutazione definitiva sulla compatibilità dell'aiuto. In questo caso, in particolare, non sarà deciso il recupero immediato dei fondi stanziati, complessivamente pari a circa 2 miliardi.

L'indagine, invece, dovrà accertare se il denaro stanziato in varie forme (prestiti, bond, garanzie) per sostenere l'Ilva abbia finalità di riqualificazione ambientale. Perché se così fosse, gli aiuti sarebbero giustificati e non sarebbe necessario richiederne la restituzione. Sull'Ilva l'Italia ha già una procedura di infrazione aperta da settembre 2013: riguarda le violazioni ambientali dell'azienda. Adesso, invece, anche su pressing di produttori concorrenti, di alcuni Stati membri e di movimenti ambientalisti di Taranto, la Ue avrebbe messo sotto la lente i 400 milioni di prestito garantito dallo Stato che l'Ilva ha contratto con le banche attraverso la legge 20 di marzo 2015, gli ulteriori 300 milioni di prestito inseriti nell'attuale decreto legge al fine di agevolare la transizione dalla gestione commissariale ai privati - i quali, poi, dovranno restituire con gli interessi la somma allo Stato -, e, infine, gli 800 milioni assicurati per la bonifica del siderurgico che, dalla legge di Stabilità 2016, sono stati trasferiti nel decreto (600 quest'anno, 200 il prossimo) quando dalla Magistratura svizzera è arrivato l'altolà al rientro in Italia del miliardo e 200 milioni sequestrato ai Riva dalla Procura di Milano. Perché dovevano inizialmente essere questi i soldi che l'Ilva avrebbe dovuto impiegare nel risanamento.

Per la Ue, quindi, le risorse deliberate nell'ultimo anno in varie forme potrebbero essere aiuti di Stato e quindi violare il Trattato di funzionamento dell'Unione. Per il Governo di Roma, invece, le regole europee prevedono l'intervento pubblico in caso di bonifica, l'Ilva è soprattutto un'emergenza ambientale, e l'Italia ha già deciso - lo prevede l'ultimo decreto - che l'azienda, dopo giugno, sarà affidata ai privati. D'altra parte, si fa notare, nella lettera che il commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha inviato il mese scorso al sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, da un lato si esprime consapevolezza del rilievo assunto dalla questione ambientale e dall'altro si incoraggia il ritorno dell'Ilva sul mercato, percorso che il decreto - che attende solo l'ok del Senato per diventare legge - ha appunto avviato.

A Taranto, città dell'Ilva con 11mila addetti diretti, si guarda ovviamente con preoccupazione al braccio di ferro tra Bruxelles e Roma ma si è preoccupati di più per il futuro dell'azienda nei prossimi mesi. Sindacati e lavoratori si chiedono infatti che Ilva ci sarà dopo giugno, chi la gestirà e con quali garanzie. In primo piano, la continuità del risanamento, la tutela dei posti di lavoro, l'integrazione economica dei contratti di solidarietà (andranno rinnovati a marzo per 3.500 addetti e si rischia un 10% di copertura in meno), le sorti dell'indotto e il modello produttivo che sarà adottato. Chi acquisirà gli impianti in fitto, ne avvierà, ci si chiede, una parziale riconversione verso l'uso del gas al posto del carbon coke, oppure lascerà il ciclo così come è oggi? Ipotesi che appare difficile, considerato che mantenere l'attuale ciclo porterebbe anche a doversi far carico dei costi dell'Aia, ritenuti enormi da molti produttori di acciaio, mentre il decreto offre a chi subentra alla gestione commissariale, la possibilità di proporre sia un nuovo piano industriale che ambientale. A creare incertezza nelle ultime ore è anche l'uscita, fatta in accordo con l'azienda, del dg Massimo Rosini, arrivato solo da un anno, che stava lavorando ad un'ipotesi di piano industriale che apriva all'utilizzo del gas. Il decreto, però, ha cambiato lo scenario, visto che sarà il privato a dover decidere che fare. Rosini, perciò, ne ha preso atto ed è andato via e al suo posto i commissari hanno nominato Marco Pucci, già in azienda con la responsabilità di coordinare le controllate.

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