Economia

Ilva, i tre commissari chiedono danni per due miliardi ai Riva

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offensiva giudiziaria

Ilva, i tre commissari chiedono danni per due miliardi ai Riva

Offensiva giudiziaria dei commissari straordinari dell'Ilva, Gnudi, Carrubba e Laghi, contro la famiglia Riva. Un atto di citazione è stato infatti presentato al Tribunale di Milano evidenziando una serie di «manovre» che la stessa famiglia avrebbe fatto nel secondo semestre 2012 allo scopo di prosciugare l'Ilva, spostare ingenti risorse (si sarebbe nell'ordine di un miliardo) e quindi privare la società della liquidità necessaria ad attuare gli ingenti investimenti per il risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico di Taranto. Gli avvocati dei commissari parlano in proposito di «un disegno articolato in più fasi, ideato e attuato con lucida determinazione».

«I soci di controllo di Ilva, riconducibili a Riva Fire e alla famiglia Riva, anziché accompagnare la famiglia nell'ormai inevitabile percorso di risanamento ambientale, hanno prima privato Ilva delle risorse necessarie occorrenti per attuare gli ingenti investimenti a ciò necessari». Poi, «utilizzando le risorse disponibili» hanno fatto «rientrare anticipatamente Stahl (controllata da Riva Fire) dall'esposizione per circa un miliardo nei confronti di Ilva», quindi, altro passaggio, isolavano l'Ilva «dal resto del gruppo Riva attraverso una scissione della capogruppo Riva Fire», infine, «nello stesso periodo significativamente gli esponenti della famiglia Riva rassegnavano le dimissioni dalla cariche detenute in Ilva».

L'azione giudiziaria, si legge nell'atto di citazione, «viene esperita al fine di reintegrare il patrimonio di Ilva anche (se non soprattutto) nell'interesse dei creditori concorsuali» e ci si riferisce appunto al fatto che l'Ilva è da un anno in amministrazione straordinaria. Si fa poi presente come la revisione nel 2012 dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'Ilva nel 2011 avesse «l'obiettivo di rendere ancora più stringenti le prescrizioni di carattere ambientale imposte alla società».

Era quindi noto a Riva Fire «e ai suoi esponenti apicali la necessità di realizzare con urgenza ulteriori interventi di adeguamento che avrebbero comportato un rilevante esborso finanziario, pena la impossibilità di proseguire la propria attività produttiva. Ebbene - si legge nell'atto di citazione dei commissari - proprio in questa situazione si assiste non solo al defilarsi dei signori Riva - gli stessi che, attraverso un complesso schermo di società fiduciarie ad essi facenti capo e la costituzione di otto trust si erano, negli anni, distribuiti dividendi, emolumenti e flussi finanziari variamente titolati per miliardi di euro - ma addirittura all'impiego delle risorse finanziarie di cui Ilva aveva la disponibilità non già per sostenere i piani di investimento via via approvati dal cda di Ilva, bensì per ripianare l'esposizione debitoria di quest'ultima verso le altre società del gruppo».

Una serie di manovre, quindi, fatte per «separare la sorte di Ilva dal resto del gruppo facendo sì che la “polpa”, e cioè Stahl e le altre società (Riva Acciaio) non toccate dalla crisi di Ilva, fossero poste sotto il controllo di società, semprte direttamente riconducibile ai Riva ma definitivamente separata dalla vicende di Ilva e dalle connesse responsabilità ed oneri».

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