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Progetto Elite, 30 Pmi verso la quotazione

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manifattura e borsa

Progetto Elite, 30 Pmi verso la quotazione

Elite si rafforza e prepara il cammino verso la Borsa di 30 nuove aziende italiane. Il progetto, nato per formare le Pmi e avvicinarle agli investitori e al mercato dei capitali, ha accolto ieri 46 nuove imprese, 30 italiane e 16 inglesi, portando a 389 il numero di società parte del network fondato da Borsa Italiana che, grazie anche al recente accordo con il Casablanca Stock Exchange, raggiunge ormai 23 Paesi.

Nonostante le nuove partnership che il progetto conta di stringere nel centro e nord Europa, l’Italia rimane il cuore di Elite, se non altro per il vivaio di piccole e medie aziende bisognose di capitali per la crescita e per l’internazionalizzazione. «Il programma aiuta le aziende a crescere e internazionalizzarsi - ha spiegato durante la cerimonia tenutasi a Milano, a Palazzo Mezzanotte, Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria e fondatore di Tapì, attiva nella produzione di tappi e chiusure per il settore vinicolo e dei distillati, che è stata fra le prima 30 aziende ad entrare nel programma, nell’aprile del 2012 -. Elite non è un club esclusivo ma un acceleratore che permette di confrontarsi e di scambiare idee con altri 380 imprenditori che hanno capito come favorire la crescita».

In quattro anni, del resto, il progetto ha raggiunto una certa massa critica: le 389 società vantano un giro di affari complessivo di 32 miliardi e oltre 130mila dipendenti, mentre le sole aziende italiane entrate ieri hanno un fatturato di 2,8 miliardi di euro e oltre 12mila dipendenti. Fra queste ultime bisogna segnalare una buona presenza del comparto alimentare, ben 15 (con nomi come Fratelli Galloni, Feger, Ferrarini, La Fiammante, Ladisa, Mutti, Pastificio di Chiavenna). «C’è una prevalenza di società del food & beverage, settore che non è molto presente in Borsa. È un vanto di Elite quello di riflettere la struttura dell’economia italiana», ha spiegato Luca Peyrano,responsabile Primary markets continental Europe del London Stock Exchange Group.

La sfida, insomma, è quella di avvicinare alla Borsa i settori più rappresentativi dell’industria italiana. Ad oggi il numero di aziende che, dopo il percorso di formazione previsto da Elite, ha pensato alla quotazione si può contare sulle dita di una mano (i vini di Masi Agricola, la logistica biomedicale di Bomi Group, la società televisiva Giglio Group e i servizi per il manifatturiero di Tech Value). Anche per questo i promotori ci tengono a sottolineare che il network non è finalizzato solo alle quotazioni, ma a un complessivo avvicinamento delle aziende alla comunità finanziaria (come testimoniano le due nuove partnership appena strette con Bnl–Bnp Paribas e Deutsche Bank per la creazione di lounge “dedicate” rispettivamente alle Pmi innovative e al mid corporate).

Qualcosa però potrebbe muoversi, almeno secondo Peyrano: «Nel programma ci sono 15 società che stanno preparando la quotazione, anche se poi le tempistiche sono un tema che riguarda loro e i loro advisor». Il numero, anche se non si tradurrà in Ipo immediate, è interessante visto che quest’anno, sempre secondo il manager di Borsa, Piazza Affari si aspetta quest’anno un pugno di matricole «che andrà a cadere fra le 15 e le 30».

Da segnalare, inoltre, c’è l’aumento del numero di medie aziende parte del programma, interessate a quotarsi non solo sul mercato dedicato alle Pmi, Aim Italia, ma anche sul listino principale. È il caso, ad esempio, di Rina, gruppo nato come “Registro italiano navale” che ora è una multinazionale della classificazione navale e della consulenza ingegneristica. Il gruppo lo scorso anno ha realizzato circa 375 milioni di fatturato con un margine operativo lordo intorno ai 46 milioni.

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