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La «motor valley» ha fame di ingegneri: ne servono 400…

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La «motor valley» ha fame di ingegneri: ne servono 400 all’anno

Alle imprese modenesi dell’automotive servono almeno 400 laureati ogni anno tra ingegneri e progettisti, ma il territorio ne offre appena un terzo (l’università di Modena e Reggio ne sforna 130). Un gap di risorse umane che si può stimare raddoppi allargando lo sguardo a tutta la Motor valley emiliana e si traduce in un gap competitivo che rischia di allontanare sempre più il polo emiliano dai grandi cluster europei dell’automotive – Stoccarda e Monaco in primis – in un’epoca di accelerazione tecnologica, tra digitale e sensoristica, in cui le competenze umane e la velocità di reazione sono i driver che fanno la differenza sui mercati.

È questo il dato più eclatante che emerge dallo studio di Alix Partners presentata ieri a Modena nel convegno “L’Emilia dei motori. Un modello per la crescita”. Una ricerca promossa da Confindustria per capire plus e minus del distretto è diventata ieri l’occasione per lanciare un progetto di sistema capace di unire gli attori e valorizzare il ruolo della via Emilia, con epicentro a Modena,come polo d’eccellenza della filiera automobilistica in Europa.

LA FILIERA AUTOMOTIVE
Dati in unità per numero di aziende e addetti e in milioni di euro per il fatturato. (Fonte: Camera di commercio di Modena)

I numeri sono piccoli, se paragonati ai 90 miliardi di fatturato e ai 200mila addetti del sistema industriale del Baden Wuerttemberg o ai 19 miliardi e 90mila addetti del polo di Torino, ma non scalfiscono l’allure internazionale del polo, forte di una specializzazione nel premium senza pari al mondo: attorno ai quattro grandi brand Ferrari, Maserati, Alfa Romeo e Pagani (cinque se si considera anche Cnh) si crea un fatturato di 6,6 miliardi che salgono a 7,3 con le 190 aziende della subfornitura per circa 11mila addetti complessivi. Si arriva a 20mila addetti e a circa 10 miliardi di giro d’affari con Lamborghini, Ducati, Dallara, Toro Rosso, tutti nomi che non hanno bisogno di presentazioni e che gravitano sulla via Emilia, non a caso chiamata la Terra dei motori: la regione contribuisce al 20% dell’export italiano di auto moto, il segmento in più forte crescita di tutto il manifatturiero emiliano (Unicredit e Prometeia proiettando un +10,5% di fatturato e un +18,3% di Ebitda per l’automotive in Emilia-Romagna da qui al 2017).

Numeri di un connubio straordinario tra tradizione e tecnologia che affonda nel territorio e in virtù del quale sono arrivati investimenti di grandi multinazionali come Audi e Bosch che non bastano però al polo emiliano per stare seduto sugli allori e guardare con serenità al futuro globale. «Abbiamo dato per scontato troppo a lungo il valore aggiunto della nostra vocazione nell’automotive, la materia prima non ci manca ma scontiamo una frammentazione produttiva e uno scollamento tra aziende e università che mina la nostra capacità competitiva con i grandi distretti europei», sottolinea Valter Caiumi, presidente di Confindustria Modena, che assieme a Camera di commercio, Fondazione CariModena e Fondazione Democenter ha finanziato la ricerca e ha lanciato ieri la proposta di un tavolo permanente dell’automotive con Regione, Comune e Università. «Un tavolo che significa fare sistema per trasformare Modena nell’hub dei motori e punto attrattivo a livello mondiale non solo di imprese ma di competenze», ribadisce il primo cittadino Giancarlo Muzzarelli.

Proprio per plasmare tali competenze è stata proposta ieri dal rettore dell’UniMore Angelo Andrisano l’“Academy del veicolo”, «un sistema formativo permamente con percorsi didattici non solo universitari, tra corsi triennali, master, dottorati, ma anche un’offerta post diploma per istituti tecnici». Perché quello che più manca nel territorio è la cinghia di trasmissione tra innovazione e impresa: «Le attività di ricerca congiunta università e Oem sono limitate ad ambiti specifici, non sono strutturate, neppure complementari e soffrono di investimenti inferiori rispetto all’estero», rileva AlixPartners citando la partnership Arena2036 tra ateneo di Stoccarda, 12 aziende automotive e istituti indipendenti. Maserati ha concentrato a Modena il più grande centro R&D (800 ricercatori) ma lo ha fatto in solitaria.

«La Motor valley eccelle nel segmento premium ma questo implica in prospettiva una focalizzazione sempre più spinta sull’agglomerazione e non sulla scala, sull’allineamento continuo di linguaggi, specializzazioni e competenze per creare innovazione e trasferirla alla produzione. Solo come sistema integrato Modena avrà titolo per diventare leader di un processo aggregativo a livello nazionale ed europeo e candidarsi per una Academy di ingegneria e dei motori così come Parma sul food», conclude Patrizio Bianchi, assessore regionale Università, ricerca e lavoro .

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