Il ritorno alla crescita della produzione industriale italiana nel mese di aprile è sicuramente un segnale positivo per l’economia del Paese: dopo la frenata di marzo, l’Istat rileva un aumento della produzione sia su base mensile (+0,5%), sia su base annua (+1,8%), tenendo conto degli effetti del calendario, con un giorno in meno lavorato nell’aprile 2016 rispetto all’aprile 2015.
Positiva anche la diffusione della crescita quasi in tutti i settori del manifatturiero, che nel complesso cresce – su base tendenziale – del 2,6%. Un fatto che risente probabilmente – osserva il senior economist della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, Paolo Mameli – dell’incremento congiunturale delle esportazioni verso i Paesi extra-Ue registrato in aprile (+3,9% rispetto al mese precedente). Fa eccezione il comparto del tessile-abbigliamento, che in aprile ha perso il 3,3% del valore rispetto all’anno precedente. Ma per gli altri comparti industriali il segno è positivo, con buone performance in particolare per i mezzi di trasporto, ormai una costante, la fabbricazione di coke e petroliferi raffinati (+6,3%), per i prodotti in gomma e materie plastiche (+5,9%) e per la chimica (+5,2%). Bene anche l’industria alimentare e quella dei macchinari.
“Aumenti spalmati su tutti i settori, con le migliori performance ancora su auto e componentistica”
Tutti settori, fa notare Franco Mosconi, professore di Economia e politica industriale all’Università di Parma, a medio-alto contenuto tecnologico e caratterizzate da ricerca e sperimentazioni sulla qualità dei prodotti: «La meccanica in tutte le sue specializzazioni ha il segno più davanti – osserva –. È da sempre la regina dell’industria manifatturiera italiana e oggi è qui che si concentrano in special modo le novità portate dalla rivoluzione che chiamiamo “Industria 4.0”». Non solo: si tratta, aggiunge Mosconi, «di comparti in cui innovazione e apertura ai mercati internazionali vanno a braccetto». Il comparto automotive nel suo complesso, sottolinea l’Anfia, registra un aumento tendenziale del 4,9% che nel primo quadrimestre 2016 raggiunge il +14% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Diversa la situazione per le attività non manifatturiere: molto accentuato è il calo registrato dalle attività estrattive su base annua (-15,7%), un dato su cui pesa probabilmente il blocco delle operazioni dell’Eni in Basilicata imposto a inizio aprile, come confermerebbe la diminuzione del 5,5% su base mensile. Negativo anche l’andamento della fornitura di energia, scesa dell’1,4%.
Sebbene non si tratti di una crescita eclatante, il dato di aprile è comunque superiore alle aspettative, come osservano da Intesa Sanpaolo, che aveva previsto un incremento dello 0,3%. «Tuttavia – spiega Mameli – confermiamo le attese di un minor contributo del contributo dell’industria al Pil nel secondo semestre. Il Pil dovrebbe crescere secondo le nostre stime dello 0,3%, contro lo 0,6% del primo trimestre, quando l’industria in senso stretto aveva inciso per due terzi».
Il rallentamento nel secondo trimestre è confermato anche dal Centro studi di Confindustria, che rileva un aumento della produzione industriale dello 0,2% in maggio, rispetto ad aprile, e prevede una variazione congiunturale acquisita dello 0,4% per il secondo trimestre, ipotizzando che il recupero della produzione prosgeuirà anche in maggio e giugno, sebbene con ritmi ancora deboli. In maggio, spiegano dal Csc, «ha rallentato la crescita degli ordini totali, a causa della componente estera penalizzata soprattutto dal crollo della domanda in Russia».
A questi ritmi, difficilmente si potrà raggiungere quella crescita dell’1,2% del Pil posta come obiettivo dal governo. Lo conferma Paolo Mameli, secondo cui «bisognerà vedere come si muoveranno servizi ed export, ma il rischio è che dovremo rivedere al ribasso questo dato, attorno all’1%».
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