Il vino rappresenta uno degli alfieri del Made in Italy per diversi motivi: la varietà dei vitigni, la qualità dei prodotti, il collegamento con i territori, il legame con i prodotti alimentari e soprattutto con la ristorazione. In questo momento di leadership del food italiano nel mondo, il settore del vino Italiano ha l’opportunità di trasformare il proprio vantaggio di volumi rispetto ai competitor in un vantaggio di valore.
Considerate le ben note caratteristiche strutturali dei produttori (piccole dimensioni, gestione familiare, bassa managerializzazione e difficoltà nella distribuzione internazionale), ci sono tre leve che potrebbero rappresentare la chiave di volta per lo sviluppo dell’intero comparto.
La prima riguarda l’aggregazione di imprese, frequentemente evocata, ma difficilmente realizzata, se non mediante operazioni di acquisizione o creazione di consorzi o altre forme di associazione, a volte talmente poco efficaci da portare all’abbandono da parte degli stessi fondatori.
L’elemento più rilevante per aumentare la competitività delle imprese riguarda invece la dimensione distributiva a livello internazionale; i consumi interni diminuiscono e l’unica vera possibilità di sviluppo è data dai mercati esteri. Il problema è che, al di là delle competenze interne, spesso più adatte al mercato domestico, la maggior parte delle imprese italiane non possiede le dimensioni minime necessarie a confrontarsi con i mercati internazionali più interessanti. In questo campo, al di là di poco probabili fusioni e acquisizioni (viste anche le aspettative smisurate di molti imprenditori disponibili a vendere), una strada promettente è rappresentata dalla condivisione di alcune fasi della catena del valore, con particolare riferimento alla promozione, al marketing e alla distribuzione. Un esempio interessante è l’Italian Signature Wines Academy (Iswa) composta da Allegrini, Arnaldo Caprai, Feudi di San Gregorio, Fontanafredda, Marchesi De’ Frescobaldi, Planeta e Villa Sandi. Si tratta di imprese che non presentano sovrapposizioni produttive, caratterizzate da un’elevata complementarietà di offerta e competenze di management, ma soprattutto accomunate da una visione comune e da un forte commitment verso questo progetto innovativo. Nata dall’esigenza di aggregarsi per condividere progetti ambiziosi, anche per imprese con dimensioni più rilevanti come Fontanafredda e Frescobaldi, e dare una rappresentazione più completa dell’Italia sui mercati globali, Iswa sta sviluppando nuovi progetti negli aeroporti e on line.
Siamo ormai alla vigilia del 9/9, la giornata del vino italiano in Cina organizzata da Alibaba e realizzata grazie all’impegno di Vinitaly International. L’Italian Signature Wines Academy sarà presente con il proprio negozio on line, dopo aver risposto a tempo di record alle richieste della burocrazia cinese ed essersi coordinata con gli importatori esistenti.
La seconda leva infatti è rappresentata dall’e-commerce e dalle nuove possibilità distributive offerte dalle nuove applicazioni digitali. Alcuni lo avevano capito da tempo, ma per competere a livello globale servono spalle grosse e ora che stanno muovendosi anche i grandi player (Amazon e eBay stanno entrando pesantemente nel food and wine), sarà importante rivedere le strategie che dovranno esser caratterizzate da una marcata differenziazione in termini di posizionamento e soprattutto di servizio. Per far questo servono competenze molto diverse da quelle tradizionalmente sviluppate dalle imprese vitivinicole, anche da quelle più forti dal punto di vista commerciale.
È necessario dunque che le imprese riescano a comprendere questo cambiamento epocale destinato ad accelerare e si organizzino dotandosi di competenze interne che non possono venire che dall’inserimento di persone provenienti da settori diversi e dalla formazione manageriale.
La terza leva viene dai big data e dalle nuove tecnologie; negli Usa, pochi mesi or sono, è nata Enolytics, la prima piattaforma di analisi di big data sul vino che ha l’obiettivo di monitorare, analizzare e rendere fruibili dati sul consumo di vino provenienti da diverse piattaforme. L’idea nasce dall’intuizione di sfruttare le potenzialità dei dati generati dalle app degli smartphone e dai sistemi di Crm per offrire alle imprese nuovi strumenti analitici che, aggiornandosi in maniera dinamica, possano guidare le decisioni commerciali.
L’uso dei big data nel vino e la loro interpretazione danno la possibilità di una segmentazione estremamente precisa e forniscono utili informazioni ai produttori sui reali comportamenti di consumo del vino.
La leadership italiana nella produzione di vino è un ottimo risultato, tuttavia, per ottenere una vera leadership di mercato non è sufficiente avere una produzione abbondante e neppure collocare grandi quantità di bottiglie. La leadership si conquista quando il consumatore riconosce il valore del prodotto, un obiettivo che oltre agli strumenti tradizionali di management può contare oggi su nuove risorse tecnologiche e richiede nuove competenze manageriali.
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