Destino amaro per il cosiddetto “hub italiano del gas europeo”. Propagandato da tutte le nostre forze politiche come l'ennesima svolta (per mancanza di precedenti) della strategia energetica italiana, il progetto dell'”hub” è arrivato alla resa dei conti: prendere o lasciare. La comunità internazionale ci guarda con motivato scetticismo. La nostra burocrazia frena, le incertezze sia progettuali che autorizzative la fanno da padrone. Nel frattempo attorno a noi qualcosa, anzi molto, si muove. Ed ecco la prova del nove, che sta maturando in questi giorni. Riguarda il nuovo gasdotto Tap, la pipeline trans Adriatica che dovrebbe approdare in Puglia per portare da noi e da noi all'Europa il nuovo gas dei ricchi giacimenti dell'Azerbaigian attraverso la Grecia. Eccellente progetto, è ottimo affare, per l'Europa e per noi. Un nuovo flusso che sarà fondamentale quando i consumi di metano ricominceranno a correre con l'auspicabile fine della crisi globale. Tant'è che al Tap (che sta Per Trans Adriatic Pipeline) nessuno vuole rinunciare.
Tutti si muovono e il progetto prende la sua forma definitiva. Tutti meno l'Italia, che dall'ennesima prova della sua incapacità progettuale ma soprattutto amministrativa. L'approdo in Puglia del Tap che da lì dovrebbe attraversare l'Italia e poi l'Europa? Si discute ancora oggi sulla piena validità delle autorizzazioni peraltro ancora incomplete. L'insipienza italiana fermerà il Tap? Niente affatto. Ecco la vera novità, che sta prendendo forma : il Tap nascerà comunque. Con l'Italia o senza l'Italia. Che nel tal caso perderà di colpo questa opportunità, e con essa la principale carta da giocare per concretizzare davvero il suo progetto di diventare il nuovo hub europeo del metano.
I partner accelerano
Nei giorni scorsi è stato infatti firmato a Dubrovnik, in Croazia, il memorandum d'intesa definitivo per realizzare “Iap”, Ionian Adriatic Pipeline) un gasdotto parallelo al sistema metanifero italiano destinato a captare l'approdo pugliese del Tap dalla Grecia. Un progetto abbozzato quattro anni fa come complementare e sinergico con il nuovo sistema metanifero a rete che dovrà nascere grazie al Tap e al suo sbocco italiano. Ma già quattro anni fa era del tutto intuitivo che il gasdotto Iap avrebbe potuto avere ben altro: un'alternativa secca all'infrastruttura italiana, intercettando l' “ammaraggio” in Grecia del Tap verso l'Italia, per portare in Europa il nuovo gas dell'Azerbaigian attraverso Montenegro, Albania, Bosnia e Croazia.
Precisazione di Tap Italia
Il tratto pugliese del Tap si gingilla nelle incapacità italiane. Iap prende invece una concreta forma operativa, anche grazie alla partecipazione diretta, con un ruolo chiave, della compagnia petrolifera azera Socar, garante del varo definitivo sancito in questi giorni. Plaudono, naturalmente, gli strateghi del Tap che motivano il loro entusiasmo con una buona dose di diplomazia: progetto ”complementare” - ripetono – di ciò che è già sul campo. “L'accordo - dice Ian Bradshaw, managing director di Tap - migliora la cooperazione energetica nel Sud Est europeo e rappresenta un passo importante verso la sicurezza e la diversificazione delle fonti energetiche di questa area. Tap conferma il proprio impegno a facilitare la creazione di connessioni per lo sviluppo di infrastrutture chiave di trasporto del gas nella regione, inclusi il Gasdotto Ionico Adriatico e l'Interconnessione Grecia-Bulgaria (Igb)”.
La via balcanica
Sulla carta rimane dunque lo schema delineato: il gas dall'Azerbaigian potrà avere due vie, quella italiana e quella balcanica, che potranno lavorare in sinergia un sistema integrato di scambi a rete. Ma prende forma l'altra lettura, per noi inquietante: il Tap si farà comunque, a prescindere dai vincoli progettuali burocratici italiani. Se la tratta italiana nascerà, bene. Altrimenti il Tap piegherà con decisione sulla via balcanica. Troverà comunque la sua piena ragione di essere, sia dal punto di vista infrastrutturale che, soprattutto, nel business da garantire ai promotori. Con tutte le intuibili implicazioni anche politico-strategiche, dispensando accattivanti vantaggi a tutti coloro che partecipano alla partita.
La Grecia, oppressa più di ogni altro dalla crisi, avrà comunque un ruolo di nuova autostrada energetica per connettere d'Europa con l'oriente garantendosi preziosi entrate grazie alle tariffe di passaggio del metano e alle ricadute degli investimenti sulle sue infrastrutture locali, valutati in circa 1,5 miliardi di euro solamente per il paese ellenico. L'Albania ne potrà fare una buona carta da giocare nel processo di adesione alla Ue, con un'integrazione “naturale” alle politiche energetiche europee. Ma tutto l'asse balcanico occidentale potrà farne la struttura portante per l'integrazione la modernizzazione energetica dell'area. Italia assente? Avremmo scritto, a quel punto, l'ennesima cattiva storia della politica energetica del nostro paese.
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