Economia

Distretti industriali aggrappati all’Europa

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Distretti industriali aggrappati all’Europa

Cinquanta milioni in più. In termini statistici l’export dei distretti italiani ritrova nel secondo trimestre la crescita, anche se il progresso ottenuto, appena lo 0,2%, fotografa senza sconti gli effetti del rallentamento del commercio globale. Il monitor dei distretti di Intesa Sanpaolo registra comunque un’inversione di rotta dopo il calo dello 0,9% del primo trimestre, primo segno meno per i territori a più alta specializzazione manifatturiera dopo ben 24 periodi consecutivi in progresso.

Al netto dei distretti orafi, penalizzati dalla debole domanda internazionale di gioielli (oltre 200 milioni di vendite estere in meno nel trimestre tra Valenza, Vicenza e Arezzo) in realtà il quadro migliora un poco, con una crescita media dell’1,3%. Dei 147 distretti monitorati da Intesa Sanpaolo ve ne sono 87 in crescita, 14 in più rispetto al minimo toccato nel trimestre precedente.
Star di periodo sono le piastrelle di Sassuolo, in crescita dell’8%, miglior performance in valore assoluto con quasi 70 milioni di vendite aggiuntive.

I SETTORI PIU’ DINAMICI
I distretti con la crescita delle esportazioni più elevata (in milioni di euro) nel 2° trimestre del 2016 e var% rispetto al 2° trimestre 2015. (Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati ISTAT)

Al secondo posto i macchinari per l’imballaggio di Bologna, con 66 milioni di euro in più. Bene in generale il sistema casa, con performance positive anche per i maggiori poli nazionali del legno-arredo (Livenza e Brianza) mentre raggiungono nuovi massimi storici di vendite le aree del cartario, Capannori e Fabriano. Ad arretrare in termini assoluti, oltre ai distretti orafi, sono in particolare alcune aree chiave della meccanica, come la meccanica strumentale di Vicenza e la metalmeccanica di Lecco.

Peggio, in termini assoluti (-73 milioni), fanno però ortofrutta di Bari e pelletteria di Arezzo. In termini geografici è l’Emilia-Romagna a vantare le migliori performance, un progresso che sfiora il 7% spinto da piastrelle e packaging ma sostenuto dall’intero panorama produttivo territoriale, con ben 16 distretti sui 18 monitorati a realizzare performance positive. Su base geografica esiste invece un’ampia dispersione dei risultati, con segnali positivi in arrivo dall’Europa, in particolare da Germania, Spagna e Repubblica Ceca mentre le note dolenti sono soprattutto nei mercati extra-Ue, che monopolizzano la “top-ten” delle peggiori performance. Gli Stati Uniti, che per l’intero 2015 avevano rappresentato il principale motore per il made in Italy, entrano nel trimestre in territorio negativo, anche se per poco più di un punto, con frenate per i distretti della moda e della meccanica.

Cali superiori vi sono però per numerosi paesi arabi, il cui potere d’acquisto è ora compresso dalla caduta del prezzo del greggio: Emirati Arabi ed Arabia Saudita presentano frenate a doppia cifra, insieme sottraggono nel trimestre vendite per oltre 100 milioni di euro. Prosegue il calo in Brasile (-33%, 51 milioni in meno) e per il secondo trimestre consecutivo sono in frenata anche le vendite in Cina. Qualche segnale di stabilizzazione è invece visibile in Russia, con vendite in crescita dello 0,8% nel secondo trimestre, anche se i dati di luglio, disponibili per ora solo a livello nazionale, non evidenziano alcun rimbalzo e si allineano alla debole performance complessiva. Segnali ben più incoraggianti, anche se provenienti da un mercato minore, sono invece quelli in arrivo dall’Ucraina, dove l’export rimbalza a doppia cifra (+39%) per il secondo trimestre consecutivo.

«In generale - spiega Fabrizio Guelpa, responsabile Industry&Banking dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo - siamo su livelli vicini allo zero. La speranza è che da un lato l’Europa primo o poi attivi politiche di stimolo alla crescita, dall’altro che la domanda interna possa ripartire. Nel primo caso vi sarebbero benefici evidenti per alcuni distretti dell’alimentare, strutturalmente impossibilitati ad esportare a lunga distanza. Per altri distretti minori, legati ad alimentare o abbigliamento è invece cruciale che riparta la domanda interna, solo così potranno evolvere e crescere anche in termini dimensionali». Se infatti il peso dell’Europa per l’export dei distretti arriva al 48% ve ne sono alcuni, come i salumi dell’Alto Adige o l’ortofrutta dell’agro pontino, in cui si arriva a livelli più che doppi. Disparità analoghe anche rispetto all’Italia: posti pari a 100 gli euro per addetto esportati dalla media dei distretti, si trovano aree (abbigliamento di Bari, o del nord Abruzzo) in cui si scende al di sotto di quota 20.

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