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Russia strategica per l’arredo italiano

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Russia strategica per l’arredo italiano

«Nella situazione politica ed economica attuale, che non dipende da noi e che i nostri partner e clienti russi subiscono quanto noi, aver avuto oltre 30mila visitatori professionali in fiera è un grande successo». Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo e dei Saloni WorldWide di Mosca che si sono chiusi ieri nella capitale russa, tira un sospiro di sollievo. Non era scontato riuscire anche quest’anno - con un export di arredo verso la Russia ancora in calo del 18% nel primo semestre (dopo il -27% del 2015)– a organizzare e far funzionare una macchina complessa come quella della manifestazione che, da 12 anni, porta al Crocus Expo una selezione di aziende espositrici del Salone del Mobile di Milano.

La crisi che da due anni colpisce duramente il mercato russo (crollo del prezzo del petrolio e del rublo, oltre alle tensioni con la Ue) ha penalizzato anche le aziende italiane dell’arredamento, pur non direttamente colpite dalle sanzioni imposte da Mosca ad alcuni prodotti di importazione. Ai tempi d’oro, quando la Russia era il terzo mercato di sbocco per i mobili made in Italy e registrava ogni anno crescite a doppia cifra, gli oltre 500 produttori italiani ed esteri (circa il 20%) riempivano i due piani del centro espositivo moscovita e i visitatori superavano abbondantemente il tetto dei 40mila. Sembra passata un’era geologica, eppure parliamo di appena tre anni fa.

Quest’anno a Mosca le aziende espositrici erano 300 (di cui 230 italiane) concentrate sui 10mila mq del primo piano. Ma il valore della loro presenza, osserva Snaidero, è stato altissimo, e ha il sapore di una dichiarazione di intenti quasi politica: «L’ho detto tante volte e lo ripeto: la Russia resta un mercato fondamentale, il primo tra quelli emergenti, e manterrà il primato nel segmento dell’alto di gamma – commenta –. Abbiamo investito tanto per conquistare la nostra quota e non possiamo permetterci di uscirne, altrimenti sarà ancora più difficile rientrare, ora che i competitor sono aumentati».

Del resto, come osserva anche il direttore dell’ufficio di Mosca dell’Agenzia Ice, i consumatori russi (soprattutto quelli del ceto benestante) hanno una grande passione per il made in Italy, come dimostra il fatto che, pur nel calo in termini assoluti delle esportazioni di mobili, l’Italia ha perso nel 2015 meno di quanto abbiano perso i competitor, aumentando la quota di mercato, che ha raggiunto il 22%. «Le aziende presenti ai Saloni hanno dimostrato una grande lungimiranza – dice Celeste – che consentirà di trovarsi in una posizione privilegiata quando l’economia tornerà a crescere». Forse già nel 2017, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale. E in particolare per quei 26 milioni di benesatanti che rappresentano il bacino di clientela a cui soprattutto si rivolge l’arredo italiano.

L'EXPORT DI MOBILI IN RUSSIA
Gen-Giu 2016. In milioni di euro

Nell’attesa, l’Ice ha lavorato con Federlegno per portare ai Saloni il maggior numero di visitatori professionali, in particolare studi di progettazione e distributori, da tutto il territorio ex sovietico: 101 delegati da 18 città della Russia e da Armenia, Azerbaijian, Bielorussia, Kazakistan e Uzbekistan, per un totale di 2.500 appuntamenti B2B con le aziende espositrici. «Siamo davvero grati all’Ice per questo sostegno – aggiunge Snaidero –. Ho girato tra gli stand e ho visto firmare ordini e contratti. Il clima generale era di ottimismo, nonostante la difficile situazione attuale». Per questo «non molliamo – conclude Snaidero –. e l’anno prossimo saremo di nuovo qui con i Saloni».

LA QUOTA DI MADE IN ITALY IN RUSSIA

L’ottimismo del presidente Fla è condiviso da Fiore Piovesana, presidente di Camel Group, azienda specializzata in arredamento contemporaneo e presenta in Russia da oltre 15 anni, con 28 negozi monomarca: «Ho visto una vivacità maggiore rispetto allo scorso anno – spiega – e comunque ritengo essenziale mantenere i rapporti con i nostri clienti. Siamo molto ben radicati in Russia, pensi che valeva il 60% del nostro fatturato (circa 25 milioni ndr), che realizziamo totalmente all’estero. Quindi siamo stati certamente colpiti dalla crisi, ma non molliamo. Il segreto è investire tantissimo per innovare il prodotto, cioè quello che stiamo facendo, con linee nuove destinate alle generazioni più giovani».

Il ridimensionamento dei Saloni, così come del mercato russo, non spaventa un altro gruppo da 20 anni presente in forze in Russia (con 60 punti vendita su tutto il territorio), Scavolini. «Quest’anno stiamo registrando dati positivi – commenta l’ad Fabiana Scavolini –: abbiamo visto un incremento sia della quantità dei visitatori, sia della qualità. Segnali importanti che ci fanno sperare in una prossima ripresa generale del mercato russo».

Per Alessandro Allevi di Porada, «L’affluenza è stata ottima. È difficile trovare nuovi clienti nella situazione economica attuale, ma è importante continuare a dare visibilità al brand e crederci. Noi vediamo il bicchiere mezzo pieno». Un’affluenza sopra le aspettative anche secondo Andrea Turri, ceo dell’omonima azienda, in Russia da oltre 20 anni che tuttavia ammette: «In due anni abbiamo perso oltre il 30% su questo mercato, compensando il calo grazie alla crescita di altri mercati, come la Cina. Perciò manteniamo la nostra presenza in Russia, puntando soprattutto sul contract che sta tenendo meglio del retail, ma stiamo investendo molto per diversificare i mercati».

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