Economia

Un ristorante nel carcere di Torino curato dai detenuti, cena a 30 euro

  • Abbonati
  • Accedi
ECONOMIA&SOCIETÀ

Un ristorante nel carcere di Torino curato dai detenuti, cena a 30 euro

«Cara, questa sera ti porto a cena fuori». «Bene, ero giusto a corto di idee. Dove andiamo?». «In carcere». «In carcere?!».
Un siparietto non molto improbabile questo, da questa sera a Torino perché apre il ristorante “Liberamensa” della Casa circondariale (via Aglietta 35) per ora a menu fisso e a degustazioni (30 euro, bevande escluse) che vedrà impegnati, tutti i venerdì e sabato sera, sedici detenuti alle dipendenze della cooperativa Ecosol.

Quattordici di questi sono già in attività, perché Liberamensa, marchio della cooperativa, insieme all’altro brand dedicato alla produzione di farine (Farina nel sacco), è presente nel carcere torinese con una panetteria, attività di catering esterno e gestione del bar dell'istituto.

Per l’occasione Ecosol dà lavoro ad altri due detenuti. In tutto, cinque di questi sono tirocinanti, gli altri hanno contratti stabili. Nove di questi sono detenuti in regime di semilibertà. I sedici lavoratori saranno impegnati negli altri giorni nella gestione del bar a beneficio di agenti di polizia penitenziaria, al personale amministrativo, agli operatori socio-sanitari, alle cooperative sociali e ai volontari che operano nelle attività interne.

C’era un clima di festa, questa mattina, all’affollata presentazione del ristorante, ultima scommessa di Ecosol che, dopo aver patito la chiusura della gestione della mensa del carcere in seguito alle decisioni ministeriali che hanno tolto gli incarichi alle cooperative, ha continuato a macinare progetti. Nonostante le difficoltà, infatti, la cooperativa, come sottolinea il vicepresidente, Piero Parente, chiuderà il 2016 con un lusinghiero bilancio, con ricavi a 900mila euro, in sostanziale tenuta sul 2015. «Abbiamo buone speranze di migliorare i risultati nel 2017», assicura Parente.

Il ristorante offre al pubblico una cinquantina di posti e per la sua realizzazione ha potuto contare su due apporti finanziari e professionali fondamentali. Il primo è il contributo giunto dalla Compagnia di San Paolo: «Abbiamo destinato al progetto del ristorante 165mila euro», ha detto Paola Assom, che segue da anni per l’ente bancario le politiche di sostegno alla cosiddetta economia carceraria.
L’altro apporto è quello (gratuito) che è stato offerto dallo studio di architetti di Adelaide Testa e Andrea Marcante (Uda), che attorno al progetto del ristorante del carcere hanno anche sollecitato (e ottenuto) l'impegno in donazioni e beni da parte di numerose imprese.
«Siamo sul mercato con questa iniziativa che vede trasformare una parte del carcere in una zona della città stessa, aperta a tutti», ha detto il direttore della Casa cicondariale, Domenico Minervini. A lui è stato chiesto se tutti, proprio tutti, potranno accedere al ristorante. «Anche chi ha la fedina penale sporca?». «Scusate, ma queste persone non vanno forse ugualmente a cena in qualsiasi ristorante della città?», ha risposto con un certo sense of humor.
Non ci saranno dunque discriminazioni, anche se quanti vorranno da domani sera andare a cena in questo ristorante dovranno prenotare entro le 14 del giorno stesso e inviare i propri dati per un preventivo controllo da parte del carcere.
Piero Parente ha sottolineato che dalle persone incarcerate si può ottenere il meglio dando fiducia, offrendo opportunità: «Scommettendo su di loro», ha detto, «e questo ristorante dimostra già nella fase dei preparativi che i detenuti che vi lavorano si stanno coinvolgendo con passione». ”Perché gli ambienti carcerari devono essere degradati?”, si è domandato Minervini. «Il ristorante è nella linea di una strategia che abbiamo adottato: cercare di curare gli interni, assicurare l'igiene, anche perché il recupero delle persone deve avvenirein ambienti dignitosi. Senza dimenticare chi vi lavora, dagli agenti al personale del carcere, che deve poter operare in un ambiente gradevole».

Ecco il menu di degustazione da questa sera: battuta di fassone al coltello con leggera maionese alla senape su letto di sedano bianco; flan di zucca con fonduta al Castelmagno; agnolotti piemontesi al pesto di salvia selvatica, burro e riduzione di barbera; filetto di maialino al mirto in crosta di pistacchio e sformatino di verdure di stagione; semifreddo allo yogurt greco con coulisse di frutti di bosco.

Eventuali richieste di modifiche al menù, per scelte alimentari o intolleranze, potranno essere richieste al momento della prenotazione.
http://www.liberamensa.org/menu-ristorante/

© Riproduzione riservata