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Terremoto, cosa è successo nelle radici dell’Appennino e come…

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L'Analisi|terremoto

Terremoto, cosa è successo nelle radici dell’Appennino e come leggere futuri segnali

Scriveva ieri l’Ingv: «Dopo l’evento del 30 ottobre, alle 07,40 ora italiana di magnitudo M 6,5 sono stati localizzati complessivamente oltre 1100 eventi sismici. Alle ore 11:00 di oggi, 1 novembre, sono oltre 240 i terremoti di magnitudo compresa tra 3 e 4 e 19 quelli di magnitudo compresa tra 4 e 5 localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dell’Ingv». Che significa? Significa che nelle radici profonde dell’Appennino centrale continuano a spezzarsi le fratture.

La sponda adriatica dell’Appennino, dalla pianura padana fino al Mezzogiorno, spinge verso l’Adriatico. La sponda tirrenica, dalla Liguria alla Calabria, invece resta ferma. Insomma, l’Italia si allarga fra i due mari, e dalla parte adriatica si comprime mentre il versante tirrenico si distende.

Schiere di scienziati spesso inascoltati studiano i segnali di questa tendenza, segnali che si chiamano transienti.

Dove il terreno si comprime (versante adriatico) ci sono fenomeni come i “vulcanelli di fango”, simili per dinamica a quando si schiaccia un brufolo sottopelle: il suolo compresso strizza fuori i fluidi che vi sono nascosti. Vulcanelli di fango si sono riattivati nei giorni scorsi per esempio nel Fermano.

Sulla sponda opposta, quella tirrenica, c’è invece un fenomeno di distensione, di allargamento. Le faglie si distendono, il suolo tende ad abbassarsi, il terreno libera all’esterno ciò che teneva racchiuso come acqua, metano, anidride carbonica.

Attenzione alla pioggia. Anche le piogge sono un transiente sismico, cioè uno dei segnali che — forse, e non si sa né quando né come — potrebbe accadere qualcosa di sismico.

L’acqua che penetra nelle falde profonde è un fluido. Alcune settimane dopo una pioggia forte su una zona a rischio, l’acqua infiltrata può infragilire i punti in tensione delle faglie, può avere un ruolo di “lubrificante” che facilita lo scorrimento delle rocce e fa scoccare il terribile evento. La goccia che fa traboccare il sisma.

La pioggia intensa ha anticipato per esempio nel 2012 il terremoto fra Emilia, Veneto e Lombardia. Ma l’associazione potrebbe essere assai più ricorrente. Si chiede (a titolo esclusivamente personale) la sismogeochimica Fedora Quattrocchi dell’Ingv: «Qual è la relazione tra i fluidi, le falde e i terremoti?». Una risposta non c’è. Ma l’associazione tra piogge e tremori sotterranei può sommarsi con altri segnali e dare indicazioni preoccupanti.

Perché così tanti falsi allarmi sui terremoti? Non ci sono solamente carriolate di catastrofisti d’accatto. Ci sono anche scienziati che s’accontentano di un solo segnale, di un solo transiente (anche la sensibilità degli animali può essere un transiente), per dedurre l’imminenza di un sisma. Basta convincersi dell’esistenza di una faglia inesistente per seminare il panico; accade per esempio in Basilicata sotto la val d’Agri.

I transienti si concentrano ora in diverse aree della tormentata penisola.

Dove? Soprattutto sul versante tirrenico, quello che si distende.

C’è una concentrazione di segnali per esempio nella fascia fra la Garfagnana e la Lunigiana; e ancora nella tormentatissima Umbria attorno alla faglia sotto i piedi di Spoleto e Foligno; e poi già attorno ai Campi Flegrei dove si vogliono sperimentare nuove tecnologie del sottosuolo.

In queste aree i transienti, i segnali di rischio, sono innumerevoli, centinaia. Per esempio fughe di gas dal sottosuolo o lo sgorgare di acque profonde.

Significa che accadrà qualcosa in quelle zone? Non è detto. Né che accadrà esattamente in quei luoghi in cui i segnali di anticipazione si manifestano. Chi spera di prevedere i terremoti oggi sbaglia. Si può solamente intuire un rischio possibile, niente più.

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