Economia

Selcom sotto tutela delle multinazionali

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elettronica

Selcom sotto tutela delle multinazionali

Le multinazionali Bosch, Coesia, Tetrapack erano si sono sedute al tavolo regionale assieme a sindacati, istituzioni, commissario giudiziale e rappresentanti di Selcom. Perché sono loro - i grandi costruttori mondiali di elettromeccanica – la vera garanzia di continuità per il gruppo di Castel Maggiore, leader delle tecnologie elettroniche (770 dipendenti tra Veneto, Emilia e Sicilia), finito in una pesante crisi finanziaria la scorsa estate che l’ha portato sei settimane fa a depositare la domanda di concordato in bianco in tribunale.

«Un paio di persone di BSH-Bosch sono con noi in azienda e stanno affiancando operativamente il nostro team della supply chain per riattivare le forniture nei casi più difficili e garantire lo shipping.

E come Bosch, che vale il 25% del fatturato, ci stanno aiutando Gd-Coesia, Toyota, Tetrapack, Eldor. Perché la qualità delle schede elettroniche Selcom è fuor di discussione e ora è il tempo il fattore critico, gli scioperi di settembre e ottobre hanno creato grossi ritardi nelle consegne», spiega Massimo Milan, da ieri ufficialmente amministratore unico della Selcom di Castel Maggiore (vecchia proprietà e management che hanno causato la débâcle si sono fatti da parte). Ci sono 20 milioni di euro di debiti verso i fornitori congelati dalla procedura di concordato e per riattivare le commesse non basta pagare cash – come Selcom sta facendo erodendo ulteriormente la posizione finanziaria – serve spesso anche la garanzia (e la faccia) del committente.

Superano i 70 milioni di euro i debiti complessivi accumulati dal gruppo (su 200 milioni di fatturato 2015, -30% sull’anno prima) a causa di operazioni finanziarie sbagliate, non per mancanza di ordini o inefficienze operative. Il caso della palermitana Selital, acquisita da Selcom nel 2003 e che in pochi anni ha dimezzato i ricavi ma non gli addetti (110) è emblematico. Non si sono aperte prospettive per la società controllata di Carini neppure ieri, all’incontro a Bologna con istituzioni e sindacati delle tre regioni coinvolte nella crisi Selcom. Mentre per la Procond di Longarone (Belluno, 290 dipendenti) è già arrivata lo scorso 23 settembre la firma di De’ Longhi su un contratto di affitto triennale tramutabile in acquisto.

«La Selcom di Bologna senza un partner industriale che inietti capitali freschi da questo concordato non può uscire - tira le somme l’advisor aziendale Piero Aicardi – ma l’interesse degli investitori per il gruppo è alto. Abbiamo già raccolto manifestazioni di interesse da quattro multinazionali, tutte straniere ahimè: una tedesca, una europea e due cinesi. Parliamo di gruppi industriali, non di fondi e questo è positivo. Non è affatto detto, però, che per il prossimo incontro a Roma in calendario il 17 novembre avremo in mano offerte vincolanti da presentare al Mise».

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