Economia

Per Savona il futuro è con la Cina

  • Abbonati
  • Accedi
marittima

Per Savona il futuro è con la Cina

Fotolia
Fotolia

Un terminal portuale capace di accogliere sia le portacontainer ultra large, da oltre 19mila teu (contenitori da 20 piedi), sia, e in contemporanea, navi più piccole, con l’utilizzo di piazzali e magazzini grazie agli spazi in più offerti dalla vicina banchina reefer. Il tutto all’interno della stessa area doganale. Si snoda su questi punti il progetto che ha favorito l’arrivo degli azionisti cinesi Cosco shipping ports e Qingdao port group nella compagine che governa la piattaforma container in costruzione a Vado Ligure (Savona), controllata da Apm terminals (gruppo Maesrk).

Nelle scorse settimane (si veda Il Sole 24 ore del 18 ottobre) i due gruppi asiatici hanno annunciato, insieme alla società danese, la nascita di una nuova joint venture per Vado tra Apm, che mantiene il 50,1% delle quote del terminal, Cosco shipping ports (società di Cosco, la compagnia portacontainer che ha recentemente assorbito China shipping), che acquisisce il 40%, e Qingdao port international (controllata da Qingdao port international), che si aggiudica il 9,9%. A parlare del progetto è Carlo Merli, ad di Apm terminals Vado Ligure, appena rientrato da Shanghai, dove si è confrontato con i nuovi azionisti, i quali hanno una quota di minoranza ma molto vicina a quella di Apm. La piattaforma, spiega, «sarà operativa entro maggio 2018 e, già dal giorno uno, potrà giovarsi di un bacino di utenti sostenuto anche dalla disponibilità di volumi che è garantita da alleati forti come i due gruppi cinesi».

La maggioranza del terminal, chiarisce Merli, «rimane ad Apm ma i due nuovi azionisti porteranno sviluppo competitivo al progetto. Cosco alimenterà il futuro traffico della piattaforma con i propri flussi di contenitori destinati al West Mediterraneo; mentre Qingdao port group, con cui abbiamo, tra l’altro, una joint e investimenti comuni nel porto di Qingdao, permetterà di avere una finestra di scambio con lo scalo che, essendo uno dei principali centri logistici della Cina, ha un bacino di utenza che può essere indirizzato su Vado».

Inoltre, «benché la responsabilità della gestione della piattaforma ligure resti ad Apm, è possibile che ci sia un ingresso di management, rappresentativo dei soci di minoranza, all’interno del terminal». Per quanto riguarda gli investimenti, restano ferme le cifre contrattuali definite, a suo tempo, da Apm per la piattaforma: «50 milioni per la costruzione dell’infrastruttura – ricorda Merli - e un investimento di 100 milioni in equipaggiamenti». Somme che potranno ovviamente essere ripartite tra i soci.

La nuova joint stretta per la piattaforma di Vado comprende anche il vicino reefer terminal, recentemente acquisito da Apm. Si tratta di uno spazio che mette a disposizione 30mila metri quadrati di magazzini coperti a temperatura controllata nonché piazzali che potranno essere utilizzati di servizio ai 210mila metri quadrati della piattaforma. «Ci serviremo del reefer non solo per la frutta ma anche per navi container più piccole di quelle destinate alla piattaforma e per traffici general cargo e bulk (rinfuse, ndr). Anche perché le due infrastrutture sono nello stesso spazio doganale. Ciò che invece non intendiamo fare è il transhipment». Con i due terminal che lavorano insieme, dice Merli, «il porto di Vado avrà una capacità massima di 1,2 milioni di teu».

La prevista unione del porto di Savona con quello di Genova nella nuova Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale non preoccupa Merli: «Per noi essere all’interno di un sistema portuale più grande e riconoscibile dal mercato è un vantaggio. L’importante è che il periodo di transizione non crei problemi. Anche perché a Savona c’è sempre stato un rapporto eccellente tra operatori portuali e istituzioni e questo è un patrimonio che si deve difendere».

© Riproduzione riservata