Economia

Sono ancora i genitori che scelgono quale lavoro devono fare i figli

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“liberi” solo fino alla laurea

Sono ancora i genitori che scelgono quale lavoro devono fare i figli

(Agf)
(Agf)

Carta bianca prima della laurea. Al lavoro, però, «ci pensano loro». I genitori italiani fanno sempre meno pressione sulle scelte di vita e di studio dei figli, salvo tornare in scena nel momento cruciale: la ricerca dell'impiego. È la contraddizione che emerge dall'incrocio di dati tra l'influenza dell'ambiente di casa nelle aspirazioni dei giovani e i canali d'ingresso nel mondo lavorativo. Da un lato, un'analisi a cura del social network professionale LinkedIn rileva che i genitori non cercano di influenzare i figli più di quanto succeda nel resto d'Europa. Dall'altro, secondo dati Istat, la cerchia di «famiglia e amici» rappresenta ancora un canale privilegiato per aggiudicarsi un contratto. Insomma: l'emancipazione fino all'università si scontra, spesso, con gli “agganci” forniti dai genitori per i primi gradini di carriera. E a volte non solo quelli.

Sorpresa: i genitori italiani influenzano poco le scelte dei figli. Fino al lavoro
Da un'analisi di LinkedIn per il Sole 24 Ore emerge, un po' a sorpresa, che le famiglie italiane non sono più «insistenti» degli standard europei nell'indirizzare i figli su studi e carriera. I genitori si fanno sentire nel 41% dei casi nella scelta delle scuole, nel 30% per il primo lavoro (contro il 31% del Regno Unito e il 32% della Spagna) e in appena il 25% dei casi per le decisioni sul proprio futuro professionale contro il 27% del Regno Unito, il 31% della Spagna e il 26% di un sistema-modello per l'indipendenza dei giovani come i Paesi Bassi. Il rapporto fisiologico tra generazioni, però, diventa molto più stretto quando si entra nel vivo degli sbocchi lavorativi.

PROFESSIONI MENO CAPITE IN ITALIA
Fonte: LinkedIn Italia

Dati Istat riferiti al 2015 sottolineano che il canale delle conoscenze resta la via maestra per una ricerca di impiego nel 41,9% dei casi, anche se la percentuale scende della metà per la categoria dei laureati (20,7%). Che cosa spinge nelle braccia del network di conoscenze? Le risposte più immediate arrivano dallo stesso mercato del lavoro italiano, con i suoi tassi stellari di disoccupazione giovanile e condizioni molto meno appetibili di quelle offerte all'estero.
Ma il quadro è più complesso: sul proprio grado di intraprendenza professionale entrano in gioco fattori psicologici e, appunto, famigliari come la fiducia nel futuro o la resilienza dalle situazioni di crisi. Una dinamica che sfugge alle analisi socio-anagrafiche: le famiglie con più strumenti finanziari non sono sempre quelle capaci di stimolare meglio l'intraprendenza dei figli, così come i nuclei meno solidi a livello economico “sfornano” giovani con buoni risultati sia a livello di risultati accademici che di autonomia nella ricerca di un lavoro.

PROFESSIONI MENO CAPITE NEL MONDO
Fonte: LinkedIn Italia

«Ho qualche dubbio sul fatto che i genitori influiscano poco. Ma è vero che molti figli sono ancora convinti che interverranno i genitori per sistemarli nel mondo del lavoro» dice al Sole 24 Ore Elisabetta Camussi, psicologa sociale e presidente della rete di servizi all'orientamento dell'Università Bicocca. Camussi si è imbattuta spesso nei cosiddetti “genitori-elicottero”, le famiglie che monitorano e guidano fino all'eccesso i figli nei passaggi che dovrebbero favorirne la crescita: dalle email inviate ai professori alla ricerca di tirocini con telefonate private. Al di là degli aspetti educativi e culturali, l'atto pratico di trovare un impiego ai figli dipende anche dal clima di depressione sociale e dall'assenza di stimoli che incombe sul mercato: «Bisognerebbe passare da un approccio fatalista a un approccio progettuale – dice Camussi - Ma servono politiche di public engagement: a noi è capitato di incontrare responsabili dell'orientamento che trasmettavano, già al liceo, l'idea che fosse “tutto finito”».

Se il lavoro cambia (troppo) in fretta
Le sicurezze del lavoro “fatto in casa” possono dipendere anche da un elemento che non riguarda né le abitudini dei genitori né (o non solo) la congiuntura italiana: il cambiamento rapidissimo del mercato occupazionale e dei profili lavorativi, sopratutto se ad alto tasso tecnologico. Sono ancora statistiche LinkedIn a rilevare una top 10 delle occupazioni meno comprese dai genitori. Scorrendo la lista realizzata dal social network, però, c'è da chiedersi quanti under 30 saprebbero dire in cosa consistano le mansioni di profili molto ambiti come “ui designer” (user interface designer, il creatore delle interfacce online, in settima posizione) o la professione meno compresa in assoluto: l'attuario, un esperto nel calcolo delle variabili economiche del futuro, oscuro all'86% degli intervistati pur essendo in cima a diversi ranking internazionali come una delle carriere più in crescita. «Vediamo sicuramente giovani più intraprendenti e più connessi. Però, se si parla di consapevolezza sulle prospettive di lavoro, direi che c'è ancora del lavoro da fare» dice Fabio Costantini, Chief operations officer della multinazionale olandese delle risorse umane Randstad. Secondo Constantini, i giovani e le famiglie dietro di loro non «hanno molto in testa » come stanno mutando le professionalità e le opportunità lavorative che ne conseguono. «I lavori cambiano di anno in anno, la top 10 di quelli più richiesti potrebbe non essere la stessa nel giro di mesi. E questo vale anche per profili molto popolari, come gli informatici – dice Costantini – Se non si capisce questo, si rischia di sbagliare metodo nella ricerca».

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