Economia

Alessandro Benetton, l’erede mancato e il rinnovamento interrotto

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il ritratto

Alessandro Benetton, l’erede mancato e il rinnovamento interrotto

Alessandro Benetton (Imagoeconomica)
Alessandro Benetton (Imagoeconomica)

La coincidenza non è voluta.Ma fa un certo effetto dover registrare l’uscita di Alessandro Benettondal cda dell’azienda fondata dal padre Luciano nel 1965 assieme alla sorella Giuliana e ai fratelli Gilberto e Carlo proprio nel giorno in cui il marchio United Colors of Benetton presenta la capsule collection creata da Stella Jean, la prima collaborazione con un designer di pret-à-porter. Fa effetto perché con questa scelta Benetton prosegue il rinnovamento delle collezioni, il riposizionamento, il ripensamento del rapporto qualità-prezzo, il rapporto con i consumatori e, last but not least, fa concorrenza ad altri colossi sul loro stesso terreno.

Le collaborazioni di grandi catene dell’abbigliamento con stilisti abituati alle passerelle se non alle sfilate di alta moda sono uno dei motivi del successo di H&M e più di recente anche di Ovs: in novembre ad esempio sono state presentate le capsule di Kenzo per H&M e di Jean Paul Gaultier per Ovs.

Alessandro è nato un anno prima della Benetton, nel 1964, e per molti anni è stato considerato l’erede designato a guidare il gruppo, volendo pensare a un passaggio generazionale, seppur all’interno di un’azienda che fu tra le prime nel settore della moda, oltre 35 anni fa, a quotarsi in Borsa, salvo poi, nel 2012, annunciare il delisting. Ed è proprio da quell’anno che Alessandro, non più un ragazzino, ma ancora giovane per gli standard italiani, nonché cavaliere del lavoro dal 2010 e imprenditore dell’anno EY nel 2011, si impegna per dare una svolta alle strategie retail e di stile e posizionamento ai marchi United Colors of Benetton e Sisley.

Dall’aprile 2012 al maggio 2014 il figlio di Luciano fu presidente di Benetton Group, un incarico che non bastò a dargli l’autonomia di gestione per portare avanti il suo progetto di medio termine, teso anche a colmare il gap accumulato con la già citata H&M, ma anche con il gruppo Inditex e i suoi vari marchi e altri colossi del fast fashion. Sarà la storia economica a giudicare, però già adesso si può dire che Benetton aveva costruito un modello ante litteram del fast fashion, salvo poi non essere abbastanza veloce ad adattarlo alle nuove esigenze dei consumatori. Forse anche a causa della crescente diversificazione degli interessi della holding di famiglia: tutto nacque da un laboratorio di maglieria, ma oggi Benetton Group ha interessi in molti settori, dalla ristorazione alle autostrade e alle banche. Si dice che a osteggiare maggiormente i cambiamenti auspicati da Alessandro sia stato lo zio Gilberto, che non aveva approvato, ad esempio, la scelta di mettere a punto un nuovo format di negozi a insegna Playlife. Eppure anche in questo caso l’idea era brillante, Alessandro aveva inventato una sorte di ibrido tra concept store e multimarca “a garanzia Benetton”, un format diverso, che rispecchia quella che – oggi, però – tutti riconoscono come la fine del retail tradizionale, fatto di negozi tutti uguali, che molti consumatori, di tutte le età e le fasce di prezzo, disertano. Alessandro aveva inoltre iniziato a mettere mano alla rete di vendita, costruita a partire dagli anni 60 su un modello non più adatto all’attuale panorama retail e alla commistione con il canale distributivo dell’e-commerce.

Difficile capire le dinamiche tra persone di generazioni diverse della stessa famiglia. Ancora più difficile quando i legami affettivi si intersecano con le esigenze manageriali. Il passaggio generazionale è un tema delicato in tutto il mondo, ma in particolare in Italia dove, specie nella moda, i fondatori delle aziende sono ancora quasi tutti vivi e faticano a passare la mano ai figli, ammesso e non concesso che la seconda generazione abbia le stesse passioni e talenti della prima.

Alessandro aveva comunque avuto l’intelligenza e lungimiranza per iniziare un suo percorso manageriale e imprenditoriale al di fuori della famiglia: nel 1992, a ventotto anni, aveva fondato 21 Investimenti, che oggi è un gruppo europeo con uffici a Treviso, Milano, Parigi, Ginevra e Varsavia. Come fondo di private equity, investe in medie imprese con un modello business e in meno di 25 anni ha completato più di 90 investimenti e raccolto risorse per oltre 1,6 miliardi di euro presso investitori istituzionali. Anche senza l’impegno nel cda di Benetton, Alessandro avrà di che tenersi occupato, ma spiace pensare che il suo tentativo di rinnovamento di un’azienda che ha fatto scuola in tutto il mondo non sia riuscito. E c’è da augurarsi che il rinnovamento comunque prosegua, come del resto dimostra la presentazione della capsule collection con Stella Jean e l’annuncio (si veda Il Sole 24 Ore del 19 ottobre) di un importante progetto di reshoring della maglieria, per capitalizzare sul grande asset di Benetton, l’italianità. Non solo di stile ma anche produttiva.

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