Economia

Ilva, in arrivo il patteggiamento

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INDUSTRIA

Ilva, in arrivo il patteggiamento

Ilva, Riva Forni Elettrici e l’ex Riva Fire, ora ridenominata «Partecipazioni Industriali», si accingono ad uscire col patteggiamento dal processo «Ambiente Svenduto» in Corte d’Assise a Taranto per il reato di disastro ambientale contestato a proprietari, amministratori e dirigenti del siderurgico (47 rinviati a giudizio). E il procuratore capo di Taranto, Carlo Maria Capristo, ritiene necessario il patteggiamento se si vuole far avanzare il risanamento dell’acciaieria mettendola in sicurezza.

È questa la novità dell’udienza di ieri, mentre il collegio dell’Assise, presieduto dal giudice Michele Petrangelo, non ha affrontato l’altra questione su cui pure si attendeva una decisione. Ovvero se il processo debba continuare a Taranto o trasferirsi a Potenza, competente come sede giudiziaria, perché la Corte riconosce fondate le eccezioni sollevate dalla difesa di alcuni imputati, per la quale i magistrati tarantini non possono decidere in quanto anch’essi colpiti dall’inquinamento al pari delle parti civili del processo (tecnicamente si chiama «incompetenza funzionale»). Sul punto una decisione è ora attesa il 17 gennaio.

Ilva in amministrazione straordinaria e Riva Forni Elettrici hanno già presentato istanza di patteggiamento ed hanno il via libera della Procura (Ilva l’ha avuto anche dal comitato di sorveglianza del Mise). Si attende ora la valutazione di congruità da parte di un nuovo collegio di Assise oppure di una sezione del Tribunale penale. L’ex Riva Fire, invece, ha annunciato il patteggiamento ma non ha avanzato ancora nulla perchè, nel frattempo, si sono verificati tre fatti nuovi: la società è stata ammessa all’amministrazione straordinaria su richiesta del suo liquidatore; ha cambiato nome in «Partecipazioni Industriali» ed è stata assegnata agli attuali commissari dell’Ilva, Gnudi, Laghi e Carrubba; infine, ora è rappresentata in giudizio da un nuovo avvocato. Non più espressione dei Riva ma della gestione commissariale Ilva e che ieri ha chiesto tempo: per la valutazione degli atti e per presentare il patteggiamento.

Le due richieste avanzate e quella in arrivo sono lo sviluppo di quanto accaduto venerdì scorso, con la firma dell’accordo tra Riva, Ilva, Governo e Procure di Milano e Taranto che ha posto un primo punto fermo in merito alla vicenda e sgombrato il campo da un bel po’ di cause, alleggerendo così il contenzioso sull’Ilva ma soprattutto rendendola più appetibile per le due cordate industriali che si sono candidate ad acquistarla e che attendono il responso del ministero dell’Ambiente sui piani ambientali presentati a fine giugno e in seguito integrati e corretti su richiesta degli esperti ministeriali. Si tratta delle cordate costituite dalla multinazionale Arcelor Mittal con Marcegaglia e da Arvedi con Cassa Depositi Prestiti e Delfin di Leonardo Del Vecchio ai quali si recente si sono uniti anche gli indiani di Jindal.

Col patteggiamento - accettato dalla Procura nella nuova formulazione mentre la prima, mesi addietro, era stata respinta -, Ilva sarà soggetta a 8 mesi di commissariamento giudiziale affidato sempre a Gnudi, Laghi e Carrubba e verserà 241 milioni di euro a titolo di confisca, quale profitto di reato compiuto tra il 2009 e il 2013, e altri 2 milioni come sanzione. Parte di questi soldi, derivanti dalla valutazione dell’attivo e del passivo di Ilva, essendo la società in amministrazione straordinaria, andranno alla bonifica dello stabilimento. Più contenuto, invece, l’esborso di Riva Forni Elettrici: circa 2 milioni. Mentre l’accordo della scorsa settimana prevede che Riva versi a Ilva un miliardo e 330 milioni, di cui uno e cento per il risanamento (sono le risorse dei Riva custodite in Svizzera, sequestrate dalla Procura di Milano, e sulle quali si è consumata una lunga battaglia) e 230 milioni per la gestione corrente della società. Inoltre Ilva e Riva fanno un passo indietro rispetto alle cause vicendevolmente promosse per gli aspetti societari, ritirandole tutte. Il patteggiamento fa ora uscire le società dal processo per quanto attiene la responsabilità amministrativa (legge 231 del 2001). Il che ieri in aula ha sollevato le proteste di un gruppo di cittadini presenti, tra cui dei sindacalisti Cobas. Ritengono che si tratti di un’escamotage per «dribblare» le oltre mille richieste risarcitorie delle parti civili ammesse. In realtà, invece, restano le responsabilità civili delle società e delle persone che per le stesse hanno operato, così come i reati contestati ai diversi imputati. E se le responsabilità civili saranno riconosciute nel processo, queste andranno poi fatte valere in sede di procedura per tutte le società in amministrazione straordinaria all’infuori di Riva Forni Elettrici per la quale, invece, la competenza sarà di un Tribunale civile ordinario.

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