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Dall’accordo con i Riva una spinta alla cessione dell’Ilva

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Dall’accordo con i Riva una spinta alla cessione dell’Ilva

(Afp)
(Afp)

Una somma di 1,3 miliardi di euro destinata al risanamento ambientale dell’Ilva. L’annuncio del presidente del Consiglio Matteo Renzi, relativo a un accordo con la famiglia Riva, spiana il terreno per la fase finale della procedura di cessione degli asset del gruppo siderugico, che scatterà nei prossimi giorni, quando il comitato di esperti di nomina ministeriale renderà noto il parere sui piani ambientali legati alle offerte in gara, prima dell’analisi dei piani industriali e dell’aggiudicazione defintiva, attesa entro metà 2017.

L’accordo con i Riva apre la strada a una ricomposizione del contenzioso in corso con le procure, in particolare con quella di Milano, attraverso il rientro dei soldi da tempo sequestrati alla famiglia e oggi di fatto bloccati in Svizzera.

Considerando anche gli 800 milioni (in due tranche, la prima nel 2016 , la seconda nel 2017) previsti dal decreto legge Ilva del dicembre 2015, sono più di 2 miliardi le risorse destinate al risanamento ambientale. A questi soldi si sommano ( al di là delle polemiche di ieri sui 50 milioni per la sanità usciti dalla legge di Bilancio) altri 800 milioni del contratto istituzionale di sviluppo, a beneficio della città. Un pacchetto cospicuo che dovrebbe agevolare il lavoro di commissari, governo e aggiudicatari (in lizza la cordata Acciaitalia e la jv Am Investco Italy). «Sull’Ilva stiamo investimento tanto come Governo - ha ribadito ieri il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda -: abbiamo un processo di gara che è aperto e mette al centro, prima dell’assegnazione, il piano ambientale».

L’azienda intanto, secondo quanto riferisce una fonte vicina all’azienda citata dall’Ansa, punta ad archiviare il 2016 con una produzione di 5,9 milioni di tonnellate, in crescita sui 4,7 milioni di tonnellate del 2015. Migliorano, grazie all’aumento del prezzo dell’acciaio e dei listini, anche i margini: la società punta a un Ebitda «in miglioramento» sul 2016, chiuso con un rosso di 546 milioni.

L’accordo annunciato a caldo da Renzi deve ancora essere perfezionato (mancano ancora, per esempio, i pronunciamenti formali della procura di Milano e il via libera delle autorità giudiziarie svizzere) ma, nella sostanza, l’intesasblocca di fatto la somma da tempo sequestrata ai Riva e congelata in Svizzera.

L’intesa è stata confermata da fonti vicine ai Riva, precisando che si tratta di «un accordo importante che sana i contrasti con le autorità e permette di costruire un futuro». In queste settimane, come fatto trapelare anche dal presidente della Commissione Industria in Senato, Massimo Mucchetti, le parti si erano avvicinate, e si erano messe al lavoro per una negoziazione. Sono almeno 4 anni - cioè da quando, nel 2013, Ilva è stata commissariata - che si cerca di utilizzare queste risorse per finalizzarle al risanamento del gruppo. Nel corso delle varie leggi varate, è anche cambiato il meccanismo che, di volta in volta, avrebbe dovuto consentire la loro utilizzazione. In una delle ultime leggi si è ipotizzato che la somma finanziasse il lancio di obbligazioni da parte dell’Ilva in amministrazione straordinaria - obbligazioni con le quali finanziare la bonifica - e che il sequestro dalla Magistratura di Milano si trasferisse dalle somme sequestrate alle obbligazioni. Ma le varie soluzioni hanno dovuto sempre fare i conti con l’indisponibilità dei Riva ma soprattutto con la resistenza elvetica a fare tornare in Italia la somma quando i Riva, per i reati contestati, ancora non hanno subito una condanna nemmeno in primo grado.

Negli ultimi mesi la linea è cambiata. Del possibile patteggiamento dei Riva si è anche parlato in un recente vertice tra i capi delle Procure di Milano e Taranto, presenti anche i loro sostituti. Pare che a fronte della richiesta dei legali dei Riva di accedere al patteggiamento, i magistrati abbiano parlato anche del rientro in Italia del denaro sequestrato.

Trova un assetto definitivo, intanto, la composizione dell’azionariato di Acciaitalia (gli advisor sono Citi e Mediobanca), la cordata che ha presentato un’offerta per gli asset di Ilva. Il gruppo indiano Jindal south west, che ha raggiunto un accordo per entrare nella compagine azionaria(la negoziazione è stata seguita da Clifford Chance, Bonelli Erede e dallo Studio Mazzoni Regoli Cariello Pagni) avrà, a differenza di quanto trapelato nei giorni scorsi, la quota più rilevante, pari al 35 per cento. Tutti gli altri soci cederanno posizioni per permettere l’ingresso di Jindal: Arvedi si fermerà al 10 per cento, Cassa depositi e prestiti e Delfin (la finanziaria di famiglia dell’imprenditore Leonardo Del Vecchio) si divideranno equamente il 55 per cento rimanente.

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