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Un patto tra economia reale e finanza

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la questione industriale

Un patto tra economia reale e finanza

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Un patto tra economia reale e finanza per offrire alle imprese italiane ad alto potenziale di crescita un percorso di sviluppo altamente innovativo. Ecco il senso dell’accordo nazionale firmato ieri all’Unione industriale di Torino dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e dell’amministratore delegato di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi. Il programma si chiama Elite ed è nato nel 2012 su iniziativa di Borsa Italiana e diventato adesso una società del London Stock Exchange Group.

«È un protocollo industriale che non a caso sigliamo in una città simbolo del manifatturiero», ha subito voluto sottolineare Boccia insieme al presidente degli industriali subalpini Dario Gallina. In effetti l’obiettivo di Elite non è la quotazione delle aziende coinvolte, ma di fornire alle aziende che ne fanno parte «un percorso di sviluppo organizzativo e manageriale che punta a rafforzare la governance, ad aumentare la capacità di internazionalizzazione e a renderle pronte a raccogliere capitali anche sui mercati internazionali».

Si tratta insomma di un percorso intelligente per rendere più competitive le imprese, migliorando le loro capacità di accedere al credito (e non solo, quindi, con le tradizionali formule delle banche). Al momento di Elite (presieduta dallo stesso Jerusalmi) fanno parte 460 società (erano 30 nel 2012) di 25 Paesi diversi: 284 sono italiane, con l’obiettivo – tramite le territoriali di Confindustria e i 24 Elite Desk attualmente attivi – di portarle a quota mille entro il 2018. I ricavi aggregati delle 460 imprese, a oggi, sfiorano i 39 miliardi di euro, contano oltre 170mila addetti e hanno un ritmo di crescita tra il 15% e il 20% ogni anno.

Vincenzo Boccia insiste: «Siamo impegnati nella logica di una impresa che deve crescere dimensionalmente. Torino è importante come capofila di questa mentalità e di questa cultura a partire dalla fabbrica. Crediamo in una finanza che aiuti la patrimonializzazione delle aziende. Borsa Italiana può diventare per questo la seconda casa dell’industria, oggi abbiamo siglato un matrimonio nell’interesse del Paese. Mettiamo a sistema una capacità di networking per crescere. Chiunque nel mondo vuole investire in Italia dovrebbe passare da Elite. Potremo essere in grado di attirare sul territorio miliardi di investimenti».

Gli fa eco Raffaele Jerusalmi: «La crescita delle Pmi del nostro Paese richiede uno sforzo di sistema. È con soddisfazione che firmiamo questo accordo. Perché siamo convinti che la collaborazione tra Confindustria ed Elite sia di fondamentale importanza. Elite è un progetto dinamico che sta creando un ecosistema virtuoso tra aziende, investitori e advisor finanziari (commercialisti, società di revisione, studi legali). Mettere in rete le imprese è sempre positivo. Puntiamo a espanderci con l’ambizione di diventare una piattaforma strategica per l’Italia».

All’incontro di ieri era presente anche Matteo Zanetti, coordinatore del Gruppo tecnico di Confindustria per Credito e Finanza: «Orgoglioso di questa opportunità per le imprese – sono le sue parole – che per crescere hanno bisogno di finanza in un mondo del credito che sta particolarmente cambiando. Dobbiamo ipotizzare individuare scenari alternativi, con trasparenza ed efficacia». Con lui le aziende piemontesi che hanno avuto accesso, hanno terminato o stanno completando il percorso Elite. A inizio novembre sono entrate 31 nuove imprese, di cui tre torinesi (Pattern, Farmaceutici Procemsa e Sparco), associate all’Unione industriale e introdotte attraverso il suo Elite Desk, particolarmente attivo.

IL PROGETTO
Numero di aziende coinvolte nel progetto Elite dal suo lancio nel 2002

A fine mattinata, il presidente di Confindustria non si è sottratto a una domanda dei giornalisti sulle vicende del Gruppo Sole 24 Ore: «Andremo in assemblea prima di Natale – ha spiegato – e faremo la nostra partita. Ho avuto un mandato chiaro dai saggi di Confindustria: mantenere la proprietà del Sole 24 Ore. Non c’è alcun conflitto di interesse, si tratta di un asset importante per il Paese e Confindustria e aiuta a combattere la cultura antindustriale ancora molto diffusa. La crisi dell’editoria non ha aiutato, ma il percorso è tracciato: rilancio e risanamento. Gli imprenditori non devono essere monotematici: dimostreremo che sappiamo fare anche gli editori ».

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