Il gioco d’azzardo legale è raddoppiato dal 2008 a oggi in Italia e continua a crescere: +7% nell’ultimo anno per una spesa complessiva nel 2016 di 95 miliardi di euro, ovvero 260 milioni di euro al giorno, più di 3mila euro al secondo. Un business legale (nell’illegalità si stima che il gambling muova altri 100 miliardi di euro) che da un lato fornisce 10 miliardi di entrate allo Stato italiano e alimenta una filiera produttiva di 6mila aziende e 140mila addetti, ma dall’altro ha creato una quota di 300mila ludopatici (e almeno un altro milione di italiani è considerato a rischio di patologia) e innescato una spesa sanitaria che supera i 6 miliardi.
Sono i numeri di un primato italiano a due facce (nel nostro Paese si concentra il 21% dei 420 miliardi di euro di volume d’affari mondiale dell’azzardo) presentati oggi a Palazzo Davia Bargellini e che fanno da cornice alla presentazione del terzo Osservatorio Nomisma e Università di Bologna “Young Millennials Monitor” sui giovani e il gioco d’azzardo.
Una ricerca – finanziata dal gruppo Unipol - che ha coinvolto 120 scuole lungo lo Stivale per 11mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Il dato allarmante non è solo che gioca d’azzardo un giovane su due (il 49%, ovvero 1,24 milioni di ragazzi italiani) ma che tra costoro non ci sono solo maggiorenni: c’è un 47% di giocatori tra gli under-18. «Ci sono delle falle nella rete di protezione e la forte diffusione del gioco online aumenta il rischio di dinamiche compulsive patologiche», sottolinea Luca Dondi, managing director di Nomisma, che avvierà ora una survey anche sui Millennials e il consumo di alcool, data la stretta correlazione tra azzardo, stili di vita e contesti familiari a rischio.
«Il dato sui giovani giocatori d’azzardo si è stabilizzato nell’ultimo anno, ma è aumentata la quota dei giocatori abituali, salita dal 10 al 17% (i frequent player che rischiano almeno una volta alla settimana) e giocano più i maschi (59%) delle femmine (38%), più chi frequenta istituti tecnici (58%) che i liceali (42%), più chi abita al Centro-Sud (54%) che al Nord. Ma il vero discrimine – spiega la ricercatrice Nomisma che cura l’Osservatorio, Silvia Zucconi - è il contesto socio-familiare, perché la percentuale di Millennials che gioca crolla al 9% se in famiglia non ci sono giocatori abituali mentre schizza al 64% se pareti e amici giocano a loro volta». I Millennials scommettono in media 5 euro ogni settimana (il 22% della paghetta), prediligono gratta&vinci (35%) e scommesse sportive (23%) , sono consapevoli (66%) che il gambling sia una sorta di droga, ma cade nella dipendenza patologica il 5% - secondo i parametri internazionali SOGS-RA – cui va sommato un 9% considerato a “rischio”.
«È lo Stato che per primo deve disintossicare gradualmente il proprio bilancio da queste entrate, perché parliamo di 10 miliardi di introiti dall’azzardo legale», afferma in chiusura del convegno il ministro degli Affari regionali e Autonomie, Enrico Costa, che conta di portare a casa entro il 2017 il testo in discussione in Conferenza unificata per tagliare drasticamente il numero degli apparecchi installati (in Italia ci sono 328mila slot e 51mila videolottery, ossia una macchinetta ogni 14 abitanti). «Due terzi dell’azzardo è machine gambling – conclude Costa - e a giocare sono prevalentemente soggetti deboli. Il taglio del parco installato è in fase di discussione al Mef per uniformare il territorio italiano, nel rispetto però dei provvedimenti degli enti locali che meglio conoscono il loro territorio». L’Emilia-Romagna , ricorda il governatore Stefano Bonaccini - «è intervenuta già nel 2013 per ridurre la diffusione dei giochi d’azzardo e contrastare non solo le ludopatie ma la penetrazione di illegalità».
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