Mini-bond di sistema per spingere gli investimenti incentivati nell’ambito del Piano nazionale di Industria 4.0. È l’iniziativa lanciata da Anima, la federazione di Confindustria che raggruppa le associazioni imprenditoriali della meccanica varia e affine: un aggregato manifatturiero con 210mila addetti, che nel 2016 ha sviluppato un fatturato di 44,7 miliardi di euro, per il 58,5% realizzati oltreconfine, in particolare sui mercati di Germania, Usa, Francia e Regno Unito.
Anima bond Industria 4.0 – questo il nome dell’iniziativa nata con la partnership scientifica del Politecnico di Milano – punta a consentire alle imprese di ottenere il capitale per finanziare piani di investimento di medio-lungo termine necessari per acquisire nuovi impianti, fare ricerca e sviluppo, investire in brevetti o acquisire altre imprese. «Il progetto – chiarisce Andrea Orlando, direttore generale di Anima – vuole sostenere lo sviluppo delle nuove tecnologie e la necessità di fare squadra insieme a tutti gli associati che vogliono crescere».
L’obiettivo, come spiega Paolo Galloso, direttore dell’Ufficio studi della Federazione, «è raccogliere una “massa critica” di progetti da parte di singole imprese (almeno 30-40) che poi un’unica società-veicolo si occuperà di cartolarizzare». Per “massa critica” i promotori dell’iniziativa intendono un importo complessivo di diverse decine di milioni: dagli 80 ai cento. L’identikit delle imprese interessate lo traccia Giancarlo Giudici, professore associato di Finanza aziendale al Politecnico di Milano - Dig School of Management: «Il profilo adeguato all’utilizzo dei bond è quello di aziende sane e solide e che prevedono un investimento in tecnologie 4.0 a partire da 2-3 milioni di euro in su. I bond sono misure compatibili con i benefici previsti dal Piano Industria 4.0, come il superammortamento e il credito d’imposta su ricerca e sviluppo». Coinvolgere un congruo numero di aziende non dovrebbe essere troppo complicato, considerato che da un’analisi svolta dalla stessa federazione «su nove filiere produttive – sottolinea Galloso – sono state individuate circa 250 realtà con le caratteristiche ideali».
Se le potenziali candidature, quindi, non mancano, non scarseggiano neppure le ragioni economico-strategiche. Intanto, concordano Galloso e Giudici, se da un lato è vero che oggi i tassi di interesse rendono agevoli e convenienti i finanziamenti attraverso le banche, «è anche vero che su medio-lungo periodo – come nel caso dell’Anima bond, pensato per una durata dai 7-8 anni – il percorso con gli istituti di credito non è così agevole» spiega Paolo Galloso. Inoltre, «diversificare le fonti di finanziamento è una priorità per le Pmi italiane, le quali sono ancora troppo legate al tradizionale canale delle banche» sottolinea Giancarlo Giudici.
La quota delle obbligazioni come fonte di finanziamento tra le realtà industriali è di almeno un 5-6% rispetto allo scenario europeo. La partecipazione al bond di sistema, secondo Giudic, potrebbe anche essere una utile “palestra” per le realtà più strutturate che «abbiano in progetto l’apertura del capitale a fonedi di private equity o la quotazione in Borsa».
Per contribuire a rendere lo strumento finanziario ancora più appetibile è stato previsto che «chi investe non investa su una singola azienda e che non vi sia responsabilità diffusa tra i soggetti coinvolti nell’iniziativa». Nei prossimi giorni è previsto un tavolo tecnico per la definizione del “veicolo” per la cartolarizzazione del mini-bond di sistema.
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