Economia

Aperture festive, deciderà la Corte Costituzionale

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il caso

Aperture festive, deciderà la Corte Costituzionale

Le aule di giustizia sono sempre aperte per discutere dei limiti al commercio: ciò in particolare dal 2011, da quando l'articolo 31 del decreto legge 201, convertito in legge 214, ha stabilito la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura. Più Regioni hanno rivendicato proprie competenze, individuando obblighi di chiusura, ma tali previsioni sono state limitate dalla sentenza della Corte costituzionale 299 del 2012 in base dell'attribuzione della competenza al solo Stato della materia “concorrenza”.

Diverso tuttavia il discorso relativo all'individuazione di alcuni giorni in cui l'esercizio del commercio al dettaglio in sede fissa è precluso: ad esempio il 1° gennaio, Pasqua, lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 25 e 26 dicembre.

Ma anche la chiusura in questi giorni specifici sarà oggetto di discussione dinanzi la Corte costituzionale con udienza fissata per la primavera 2017. Nell'attesa di questa pronuncia, che riguarda la legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 29 del 2005 relativa alla chiusura obbligatoria nei predetti specifici giorni, il quadro giudiziario è sfavorevole all'apertura.

Nei predetti specifici giorni, nelle Regioni che tali giorni hanno specificato, gli esercizi di commercio al dettaglio restano chiusi . Non è necessario uno specifico provvedimento dei Comuni, poiché gli enti locali non sono titolari di alcun potere amministrativo né autorizzatorio né derogatorio, perché le leggi regionali con il loro elenco di specifici giorni di chiusura si applicano direttamente.

Questo è anche l'orientamento dei Tar, da ultimo, Trieste 24 novembre 2016 numero 109, che riguarda il comune di Pradamano ed una galleria commerciale che rivendicava la possibilità di restare aperta il 1 novembre. L'esito della procedura è stato, al livello di provvedimento d'urgenza, sfavorevole all'iniziativa commerciale.

La materia oscilla tra piena libertà, riconosciuta dalla legge statale 214 del 2011, e l'individuazione di specifici, particolari giorni di chiusura, individuati solo dalle leggi regionali.

Giace in Parlamento un disegno di legge (1629 Senato) che disciplina anche queste giornate, e sul sito del Senato la questione è riassunta nell'audizione (primo luglio 2015) del presidente dell'Autorità garante della concorrenza professor Giovanni Pitruzzella.

In termini generali (ma senza affrontare il problema degli specifici giorni di divieto), il parere dell'Autorità è favorevole all'apertura, salvo specifici accordi territoriali, anche tali accordi, peraltro, devono essere motivati sull'esigenza di aumentare l'attrattività del territorio e valorizzare specifiche zone con marcata vocazione commerciale.

Diverso è poi il problema degli orari di apertura, che tendono anch'essi alla liberalizzazione (risoluzioni del Ministero sviluppo economico 294246 / 2016 e 41020/2017), ma gli orari sono solo una frazione del più vasto problema che riguarda specifici giorni di chiusura.

Ancora diverso è il problema del rapporto di lavoro per i dipendenti (quelli con contratto), per i quali il lavoro festivo non è obbligatorio ma subordinato specifiche disponibilità.

A monte, tuttavia, rimane il conflitto tra la concorrenza, che va garantita ma con la possibilità di deroghe previste dalla stessa Unione europea con la direttiva 2006 / 123, e la tutela di valori fondamentali (ambiente, ordine pubblico, pubblica sicurezza salute e tutela dei lavoratori), tra i quali potrebbe rientrare anche il peso della consuetudine in specifici giorni.

Anche gli antichi romani distinguevano tra giorni fasti e nefasti, con obbligo, nei secondi, di astenersi dagli “affari”: la Corte costituzionale ci dirà ad aprile cosa rimane di tale tradizione, ma nel frattempo si applicano i divieti regionali.

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