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Gasdotto Tap, l’ostruzionismo della Regione Puglia con i soldi…

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L'Analisi|energia e sviluppo bloccato

Gasdotto Tap, l’ostruzionismo della Regione Puglia con i soldi pubblici

In media, ogni anno nel Salento sono sradicati 40mila ulivi per posare acquedotti, allargare marciapiedi, costruire tettoie e così via. Qua-ran-ta-mi-la.

Ma sui 211 olivi da spostare dove passerà il metanodotto Tap, il quale importerà in Italia il metano del giacimento Shah Deniz in Azerbaigian, la Regione Puglia sottopone gli italiani allo stalking della carta bollata. Uno stalking pagato con i soldi dei cittadini e che potrebbe costare agli italiani il prezzo di una credibilità così scarsa da scacciare qualsiasi investitore estero.

Il ministero dell’Ambiente ha verificato che il gasdotto Tap è compatibile con l’ambiente e ha detto che i 211 olivi lungo il percorso del tubo possono essere traslocati a patto che poi vengano ripiantatati al loro posto. Lo ha scritto il 25 ottobre scorso. Per chi fosse dubbioso, lo ha ripetuto l’8 dicembre. Se qualcuno avesse ancora incertezze, l’ha reiterato il 3 gennaio.

Il 24 febbraio la commissione Via ha confermato che gli ulivi possono essere spostati. Il 6 marzo l’Osservatorio fitosanitario regionale ha riautorizzato il trasloco degli alberi. Dubbi? Per qualcuno, sì. Il 16 marzo la Regione Puglia è ancora dubbiosa e ha chiesto al ministero: siete sicuri? Il 17 marzo il ministero dell’Ambiente ha risposto: sicurissimi, i 211 ulivi possono essere spostati.

Il 26 marzo il prefetto di Lecce, su richiesta della Regione, ha ridomandato al ministero: ma intendevate scrivere che gli alberi possono essere traslocati? Il 27 marzo l’Ambiente ha risposto “possono essere spostati” significa “possono essere spostati”. Il 27 marzo il Consiglio di Stato ha ripetuto che il Tap si può fare.

Il 5 aprile la Corte Costituzionale ha confermato, il Tap è in regola. Ma la Regione Puglia non è contenta e - come ogni stalker -non smette la persecuzione contro gli italiani. Si è rivolta al Tar del Lazio, il quale ha emanato un decreto di sospensione del trapianto delle piante fino al 19 aprile «inaudita altera parte», frase che fa pensare a una decisione inaudita ma invece significa che per decidere non sono state ascoltate le vittime dello stalking della carta bollata, cioè noi italiani.

Dei 211 alberi 168 sono già stati spostati e gli ultimi 43 stanno soffrendo perché sono stati tolti dal terreno ma non sono stati trapiantati per colpa dello stalking regionale. Restano bloccati, radici all’aria. Fino a quando può durare una persecuzione a colpi di Tar? Esiste una parola conclusiva, oppure in Italia funziona come l’ergastolo, «fine pena: mai»?

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