Il Tap non devasterà il Salento e non è un’opera inutile: serve a noi. E serve all’ambiente. Il Tap serve tanto quanto gli stoccaggi di metano da realizzare in vecchi giacimenti vuoti, come quelli in realizzazione a Cornegliano Laudense (Ital Gas Storage) o a Bordolano (Snam). Come sono utili i giacimenti di metano in Adriatico che si stanno esaurendo, che devono tornare attivi.
Questi impianti — che tanto ribrezzo suscitano in alcuni — accelerano la transizione verso le fonti rinnovabili di energia e verso l’efficienza e rendono più facile abbandonare forme più inquinanti di energia, come carbone e petrolio.
Questi impianti hanno un impatto ambientale, ovvio. Quando vengono posati, i metanodotti disturbano quanto un acquedotto o un collettore di fogna: in Italia da decenni ci sono, invisibili, quasi 40mila chilometri di gasdotti internazionali o dorsali in alta pressione che attraversano le spiagge della Sicilia o della Calabria, gli oliveti dell’Umbria, dell’Irpinia e delle Marche, le montagne dell’Abruzzo, dell’Emilia e del Friuli.
Se le tubazioni e gli stoccaggi sono invisibili, sepolti sotto granturco e olivi, nemmeno gli impianti fuori terra del Tap hanno impatto sul paesaggio anarchico dell’edilizia d’arrembaggio che scempia la spiaggia devastata di Melendugno da San Foca a Roca e Torre dell’Orso.
Questi impianti non sono inutili. Riducono le emissioni e contrastano il cambiamento climatico, ma servono anche a spendere meno.
Nelle bollette che pagheremo da giugno, sentiremo sotto forma di rincari il fatto che in gennaio non bastavano gli stoccaggi e i metanodotti d’importazione.
© Riproduzione riservata