Economia

Una nuova era per la Via della Seta

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Una nuova era per la Via della Seta

A quattro anni dal primo annuncio del presidente cinese Xi Jinping, la strategia cinese One Belt One Road (Obor) viene presentata ufficialmente al mondo in un Forum che si terrà nella capitale il 14 e 15 maggio. Tutto è (quasi) pronto per illustrare scopi e finalità nonché i primi passi di un’iniziativa politica che fa da ossatura della diplomazia economica cinese proiettata sull’Eurasia (e sul mondo intero).

L’intreccio è complesso e punta a estendere l’influenza di Pechino creando un legame industriale con i Paesi coinvolti sulla scia di ben sei canali geopolitici che si dipanano per terra e per mare. Si calcola che le risorse impegnate potrebbero coprire metà della popolazione mondiale, il 75% delle risorse energetiche e il 40% del Pil. Entro il 2025 il valore del commercio mondiale sviluppato nell’anno potrebbe essere pari a 2.500 miliardi di dollari.

«La Cina dall’Eurasia guarda all’Africa, ma anche alla lontana America Latina – dice Wang Yiwei, professore della Scuola di studi internazionali della Renmin University - anche il Cile e l’Argentina sono pronti a firmare accordi con il suggello dell’Obor».

I confini della Nuova Via della Seta, dunque, abbracciano l’intero globo: è il contesto giusto per spiegare come la Cina di oggi sia pronta a ripercorrere e ad ampliare le tratte del passato con la forza economica del presente. Impresa titanica che si sviluppa, peraltro, in un contesto mutevole dal punto di vista globale (si guardi alle variabili della penisola coreana e del Mare del Sud della Cina).

Trenta capi di Stato
Tra gli invitati al tavolo dell’Obor – una trentina tra capi di Stato e di governo - che si svilupperà su sei piani tematici, c’è l’Italia, il cui premier Paolo Gentiloni che ha visitato più volte la Cina già nella veste di ministro degli Esteri, avrà un posto d’onore. Il secondo giorno di Forum sarà a Yanqi Lake, location a un’ora e mezza da Pechino inaugurata nel novembre del 2014 in occasione dell’Apec. In quel contesto sono in calendario incontri politici a livello multilaterale e bilaterale. Il primo ministro italiano il giorno 16 maggio incontrerà il premier Li Keqiang e il presidente Xi Jinping.

L’EXPORT DI MADE IN ITALY IN CINA
Dati in milioni di dollari Usa (Fonte: CeSIF, Fondazione Italia Cina; Ceic su dati General Administration of Customs)

Per l’Italia sarà l’occasione di discutere e presentare possibili opzioni sul terreno dell’Obor. Un’area appetibile sarebbe la via dei porti, almeno cinque, lungo l’Adriatico, in grado di rappresentare un’alternativa a quella che passa nei Balcani partendo dal Pireo. «L’Italia è uno snodo terminale strategico per Obor, uno dei più importanti tra i Paesi coinvolti, oggi il terzo Paese europeo per traffici gestiti, pari al 12,8% del totale» dice Giampiero Massolo, presidente di Ispi (al tema dell’Obor l’Istituto dedica un evento il prossimo 10 maggio alle ore 9.00 nella sede di Assolombarda , via Pantano, 9 a Milano). «Senza un ruolo del sistema di porti, interporti e vie terrestri in Italia tutto il progetto Obor rischia di restare incompiuto nella sua parte terminale e in uno dei suoi obiettivi principali, cioè collegare Cina ed Europa in modo molto più efficiente di quanto non sia oggi», conclude l’ambasciatore.

Il ruolo dell’Aiib
Ma non è l’unica opzione, questa, alla quale si sta lavorando. Va ricordato, infatti, che la Cina ha creato in tempi rapidi l’Aiib, la nuova Banca di sviluppo multilaterale fondata per affrontare le esigenze infrastrutturali in tutta l’Asia. Con sede a Pechino, Aiib – di cui l’Italia è tra i soci fondatori - ha iniziato l’attività nel gennaio del 2016 ed è ormai cresciuta a 70 membri nel mondo. La sua missione è migliorare lo sviluppo economico e sociale in Asia investendo in progetti infrastrutturali di qualità, finanziariamente sostenibili e rispettosi dell’ambiente. Ultimo arrivato tra le iniziative sponsorizzate dalla Banca: il primo prestito in India per 160 milioni di dollari per sostenere il settore elettrico nell’Andhra Pradesh. Ma c’è anche in pista il fondo statale di private equity Silk Road found da 40 miliardi creato dalla Banca centrale cinese, già azionista di Pirelli attraverso Chemchina e ora anche coinvolta in Austrade. Due tools importantissimi, Aiib e Silk Found, per agguantare le possibilità di Obor.

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