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L’Italia accelera sull’etichetta per la tutela di pasta e riso made…

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L’Italia accelera sull’etichetta per la tutela di pasta e riso made in Italy

Tra pochi mesi anche pasta di semola di grano duro e riso potrebbero riportare sulle confezioni l’etichetta di provenienza della materia prima. Così come accade dal 19 aprile scorso per il latte e per i lattici non Dop e Igp ( disciplinari di produzione prevedono già l’uso di materia prima nazionale). L’annuncio è arrivato dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, durante la cerimonia di inaugurazione di TuttoFood a Milano.

«Abbiamo inviato a Bruxelles il testo del decreto interministeriale Politiche agricole-Sviluppo economico – ha detto il ministro – in cui si indicano le modalità per applicare l’etichettatura di origine. Seguiremo lo stesso iter di quanto già fatto dall’Italia per il latte e confidiamo in un esito positivo della procedura d’esame. Con questo provvedimento - aggiunge Martina - prosegue l’azione di tutela e di valorizzazione dei prodotti italiani nell’interesse degli agricoltori e dei consumatori». Una volta ottenuta l’autorizzazione dalle autorità comunitarie, il decreto italiano sarà convertito in legge e applicato in via sperimentale con una durata di due anni.

Soddisfazione per quanto annunciato dal ministro Martina arriva dal presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo. Ricordando come l’organizzazione agricola sia da tempo impegnata per l’etichettatura dei prodotti agroalimentari con l’origine della materia prima, Moncalvo spiega che «con pasta e riso, e dopo il latte e l’olio extravergine di oliva, si arrivano a coprire i due terzi degli acquisti alimentari da parte delle famiglie italiane. Il percorso è tracciato - aggiunge il presidente di Coldiretti - e con la collaborazione crescente delle aziende di trasformazione arriveremo a chiudere il cerchio anche per l’ultima quota di un terzo della spesa, cioè con ortofrutta e carni trasformate. È la risposta coerente che dobbiamo dare a milioni di consumatori e a tutti i produttori che, con l’etichettatura, hanno uno strumento efficace per la difesa dei loro redditi da una concorrenza estera di bassa qualità».

Già oggi, comunque, le filiere della pasta e del riso registrano importanti contratti di fornitura con cereale di provenienza esclusivamente nazionale, come nel caso di Barilla o Pasta Armando. Ma non c’è ancora la possibilità di indicare in etichetta l’origine della materia prima, cioè la semola di grano duro. Un comunicato Coldiretti spiega che attualmente «un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione come pure per un pacco di riso su quattro, dopo il boom delle importazioni da Paesi asiatici come il Vietnam che ha aumentato le proprio esportazioni di riso in Italia del 346% nel 2016».

Il 17 ottobre 2005 scattò l’obbligo di etichetta per il pollo, mentre è del gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell'ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare il Paese di origine per il miele.

Perplessità invece arrivano da Aidepi, l’associazione delel industrie del dolce e della pasta. «I pastai italiani - spiega un comunicato - sono favorevoli all'indicazione di origine del grano in etichetta e alla trasparenza verso il consumatore. Ma la formula scelta, invece di aiutare il consumatore a fare scelte consapevoli, lo disorienta e confonde. Si vuole far credere che la pasta italiana è solo quella fatta con il grano italiano o che la pasta è di buona qualità solo se viene prodotta utilizzando materia prima nazionale. Non è vero. L'origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano di qualità con gli standard richiesti dai pastai».

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