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L’e-bike rilancia il «Made in Italy»

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INDUSTRIA

L’e-bike rilancia il «Made in Italy»

Più in bici, pedalando meno. Dazi antidumping e motori elettrici salvano il comparto “Made in Italy” delle biciclette (250 produttori e 12mila addetti fra diretti e indiretti) che tiene – sotto il profilo delle vendite – solo grazie allo scatto da record delle biciclette elettriche (le cosiddette e-bike, a pedalata assistita) e all’export. Mentre perdono terreno, sia in termini di produzione che di vendita, i modelli tradizionali e la componentistica.

Come spiegano i dati di Ancma (l’associazione dei produttori) – diffusi ieri alla vigilia della 4° edizione di BikeUp, il primo festival europeo dedicato alla bicicletta elettrica che si terrà a Lecco da oggi sino a domenica – rispetto al 2015, l’anno scorso sono state vendute 1,67 milioni di biciclette (in crescita dell’1,6% su 1,65 milioni di pezzi). Ma se i modelli tradizionali, in un anno, hanno ceduto del -2,6% , le e-bike hanno sfondato quota +121,3%, passando dai 56.200 modelli venduti nel 2015 ai 124.400 dell’ anno scorso. Insomma, la conversione verso la pedalata assistita è in corso. I numeri promettono un ulteriore exploit nel 2017. Anche se ancora non sono tali da spostare il baricentro dei fatturati aziendali.

PRODUZIONE E VENDITE DI BICICLETTE
Dati mercato bici, 2016. Valori espressi in unità e variazioni percentuali (Fonte: Confindustria Ancma)

La vendita delle e-bike, per il momento, è a vantaggio solo dei dealer specializzati. Anche perchè la grande distribuzione non è ancora pronta, soprattutto sul versante dell’assistenza e dei servizi post-vendita.

In flessione anche la produzione complessiva di “due ruote”: dai 2,36 milioni di pezzi del 2015 ai 2,31 del 2016, è in leggera flessione dell’1,3%. Ma se diminuisce la vendita all’estero, per quantità, (-3,2% nel 2016), cresce comunque il valore (+4%, a 180 milioni di euro sui 173 dell’anno precedente). Meno pezzi ma più “pregiati”.

Exploit, invece, per le e-bike, che anche all’estero si confermano performanti: produzione 2016 a 23.600 pezzi (+40,5%), export per 8mila (+135,3%) e anche l’import sale molto (108.800, +148,9 per cento). Segno che c’è una filiera italiana richiesta all’estero ma anche un’esigenza di domanda interna che il Made in Italy non riesce a soddisfare.

«Il dato interessante – ha spiegato Corrado Capelli, presidente di Ancma – non è solo quello legato ai dati di produzione ma anche alla progettualità e produzione di brevetti. La prospettiva è un Made in Italy “elettrico” in grado di confrontarsi ad armi pari e non sleali con la concorrenza internazionale. Sta nascendo una filiera intera di veicoli “Made in Italy” per assemblaggio, costruzione di motori e componenti elettrici ed elettronici».

Ma a salvare il settore è stato anche il dazio antidumping del 48,5% (il più “vecchio” imposto da Bruxelles) introdotto nel lontano 1991 e da allora sempre prorogato (scade a giugno 2018). Dalla Cina arrivavano biciclette che potevano costare sino al 70% in meno.

Un dazio che per stessa ammissione di Ancma èriuscito a modernizzare la filiera europea. Prima si saldavano i tubi, si montavano i tela e i raggi. L’integrazione era totalmente verticale. Oggi, è orizzontale. La concorrenza esterna ha spronato all’innovazione. La tutela del dazio ha consentito di realizzarla.

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