Chiusa la fase preliminare, confermato il mantenimento in Corte d’Assise a Taranto ed esclusa dal patteggiamento l’ex Riva Fire, oggi Partecipazioni Industriali, il processo «Ambiente Svenduto» entra oggi e domani nel vivo con l’ascolto dei primi 21 testimoni citati dalla Procura. Il processo è quello che riguarda il reato di disastro ambientale contestato all’Ilva. Dopo i primi verdetti del rito abbreviato, 44 sono adesso gli imputati, di cui 43 persone fisiche ed una società, l’ex Riva Fire che risponde in base alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese.
Altre due società, Ilva e Riva Forni Elettrici, dal processo sono invece uscite nei mesi scorsi e ora vanno a patteggiare davanti ad un nuovo collegio dell’Assise.
Diversi i capi di imputazione contestati, alcuni dei quali molto gravi come l’associazione a delinquere di cui sono accusati ex amministratori dell’Ilva come i fratelli Nicola e Fabio Riva, figli dello scomparso Emilio, capostipite del gruppo. Coinvolti anche l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola(accusato di concussione aggravata per aver fatto pressioni pro Ilva sull’Arpa Puglia), e il sindaco uscente di Taranto, Ezio Stefàno (omissione di atti d’ufficio, per non aver agito con i poteri di autorità sanitaria dopo aver denunciato alla Procura l’inquinamento dell’acciaieria). Ma nella lista dei 44 ci sono anche l’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, dirigenti ed ex dirigenti della fabbrica, ex amministratori locali come Gianni Florido, già presidente della Provincia di Taranto, funzionari pubblici, l’ex direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, e anche un ex assessore della giunta Vendola, Nicola Fratoianni, oggi deputato e leader di Sinistra Italiana.
Nella prima tranche dei testimoni che saranno ascoltati c’è Vincenzo Fornaro, l’allevatore tarantino cui anni fa furono abbattuti centinaia di capi tra pecore e capre risultati contaminati dalla diossina di provenienza Ilva. Fornaro ora fa l’agricoltore (coltiva canapa) ma è soprattutto uno dei candidati sindaci di Taranto a capo di un cartello ambientalista al quale ha dato il suo sostegno anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. A tal proposito c’è da dire che, almeno nella fase iniziale del dibattimento, il processo si svolgerà nei giorni della campagna elettorale di Taranto. Oltre a Fornaro, infatti, c’è un candidato sindaco parte civile, l’ex dirigente della Provincia di Taranto, Luigi Romandini. E ancora, il candidato sindaco dei Cinque Stelle, Francesco Nevoli, è l’avvocato di alcuni lavoratori Ilva anch’essi parte civile. Senza trascurare che lo stesso processo è l’epilogo dell’inchiesta che portò a luglio del 2012 al sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, inchiesta condotta dal pool guidato dall’allora procuratore capo Franco Sebastio, oggi candidato sindaco di un cartello civico. Ed è proprio evidenziando il particolare contesto tarantino e la «trasversalità» del tema Ilva, che nei mesi scorsi i legali di alcuni imputati avevano sollevato un conflitto di incompetenza funzionale per i giudici tarantini e chiesto che il processo fosse trasferito ad altra sede, Potenza nello specifico. La Corte d’Assise ha però rigettato l’istanza e tenuto il processo a Taranto. Il dibattimento comincia 15 mesi dopo il secondo rinvio a giudizio per gli imputati. Il primo, del 23 luglio 2015, è stato annullato dalla Corte d’Assise per vizi di procedura. Nel frattempo è cambiato lo scenario in cui il processo si colloca.
L’Ilva, infatti, sta per essere ceduta ad un nuovo gruppo industriale (ancora l’altro giorno i commissari hanno confermato la tempistica: fine mese) ed un nodo complicato di questi anni si è allentato. Venerdì scorso, infatti, la Corte del Jersey ha dato l’ok allo svincolo dei fondi all’estero dei Riva, un miliardo e 300 milioni, che la Procura di Milano ha sequestrato ad Emilio e Adriano Riva nel 2013 per altri reati. Per lungo tempo Governo e commissari, anche attraverso leggi ad hoc, hanno inseguito questi fondi con l’obiettivo di trasferirli all’Ilva ma senza ottenere nulla. La prima, vera schiarita c’è stata con la transazione di dicembre scorso tra Riva, Ilva, Governo e Procure di Taranto e di Milano. Adesso è arrivato l’ok della Corte del Jersey ed entro fine mese è attesa l’ultima pronuncia: quella del Tribunale federale di Losanna. I trustee incaricati dai Riva hanno infatti sede nell’isola del Canale della Manica mentre le banche che li custodiscono sono in Svizzera. Rientrate in Italia, queste risorse andranno alla bonifica ambientale del siderurgico di Taranto.
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